Dal libro "La grande cavalcata" di Giancarlo Pretini (del quale ho scritto
qui) stampato nel 1984.
In questo libro l'autore racconta la storia del circo dalla metà del 1700 e la sua evoluzione nei 200 anni a seguire. Fu il cavallerizzo Philip Astley che nel 1768, a Londra , per primo pensò di esibirsi a pagamento nell'arte che aveva appreso nell'esercito inglese. In seguito a Parigi, a cavallo tra il '700 e l''800 , l'udinese Antonio Franconi, anche lui grande cavallerizzo, affermò questa nuova forma di spettacolo e lo chiamò 'Circo',
Tra le tantissime curiosità di questo testo ho trovato un capitolo molto interessante sulla storia del cavallo Lipizzano e sull'allevamento di Lipizza
(meta di una mia recente visita), che riporto in questa prima parte, e della Scuola di Equitazione di Vienna alla quale dedichèro un altro post (
qui).
Gli allevamenti di Lipizza
Lipizza è attualmente in territorio
sloveno, sull'altopiano carsico, alle Spalle di Trieste. Il suo nome
originario, Lipica, vuol dire 'piccolo tiglio'. Nonostante tutte le
sue vicissitudini politiche e territoriali, porta ancora indelebile
il marchio dei fasti asburgici. Nelle varie epoche fu sotto il
dominio dell'Impero Austriaco; poi dell'Italia, dal 1918 al 1945;
infine è stata assegnata alla Jugoslavia. In pochi anni,
precisamente ventisette, la popolazione della zona ha cambiato tre
differenti nazionalità e la località è stata via via trasformata.
Ma il fascino dei suoi cavalli e del suo habitat è ancora quello
dell'epoca viennese. Ci sono ancora infatti grandi scuderie e ampie
distese di prati disseminati di querce, dove regna sovrano e si
riproduce incontrastato il cavallo appunto di razza lipizzana.
Centinaia di cavalli, scuri alla nascita e bianchi candidi da adulti,
si offrono alla curiosità e all'ammirazione dei visitatori, liberi
sui prati e nei recinti. Tutto ciò a pochi chilometri dal confine
della Regione Friuli Venezia-Giulia; una vera e propria attrazione
unica nel suo genere, invidiata da tutto il mondo dello spettacolo e
dell'equitazione.
Nota personale: Posso confermare che appena si oltrepassa l'ingresso a Lipizza sembra di entrare in un altro mondo; una lunga strada ricca di sinuose curve, racchiusa da bianche staccionate di legno e affiancata solo da immensi prati, disseminati di querce, dove pascolano liberi centinaia di meravigliosi cavalli, accompagna il visitatore alle antiche scuderie. Uno spettacolo mozzafiato che mi fa fatto subito accostare e scendere per respirare a pieni polmoni l'aria di libertà, di felicità, di magia, di bellezza assoluta che questo posto emana. E' il ricordo più bello che ho conservato di questo viaggio ed ho tentato di fermare queste emozioni con delle foto, ma viverle è un'altra cosa!
Quella dei lipizzani è una razza creata dal
niente, nel corso di quattro secoli, appositamente per quelle che
erano le necessità dell'allora Corte di Vienna. Necessità pratiche
e coreografiche: per le pariglie da tiro delle carrozze, da sella per
i nobili e per gli ufficiali, per la cavalleria, per le parate e per
i giochi equestri. Perciò cavalli non molto grandi, con le groppe
possenti, con garretti forti e snelli e necessariamente col mantello
bianco per contrastare con i "legni", che a quel tempo
erano sempre scuri o con l'oro dei cocchi imperiali e con i colori
sgargianti delle divise. Sono cavalli alteri e mansueti; i più
apprezzati per le loro evoluzioni nei circhi equestri. Quando
scrosciano i battimani e gli occhi sono abbacinati dai caroselli di
quegli stalloni bianchi impennacchiati di rosso, giallo, oro e
scoppiano esclamazioni di ammirazione per la perfezione delle
``capriole", delle "levade" e di tutte le arie alte o
le figure più semplici dell'Alta Scuola, è perché nella pista di
segatura ci sono loro: i Lipizzani. Il profumo della segatura misto all'
odore dei cavalli è un connubio indissolubile del circo, e finché
ci sarà il circo ci saranno i cavalli e il loro re sarà sempre e
ancora il Lipizzano.
La discendenza ha una lunga storia;
essa è stata creata a partire dal 1580 ed a volerlo è stato
L'Arciduca Carlo, terzogenito dell'Imperatore Ferdinando Primo e
Reggente della Stiria e dell'Istria.
Probabilmente la località venne scelta
in quanto era territorio del Reggente e perchè sul posto dovevano
esserci eccellenti fattrici derivanti o rinsanguate da cavalli arabi,
retaggio delle invasioni turche del secolo XIV e XV.
Attualmente sono sei le maggiori
famiglie dei Lipizzani su cui si è svolta la migliore selezione;
tutte prendono il nome dagli stalloni loro capostipiti: Conversano,
morello di origine napoletana; quindi Favory e Maestoso; poi
Napolitano, anche questo di origine napoletana; Pluto, di origine danese e
Siglavy, di sangue arabo. Hanno una grande armonia di forme e da
adulti il loro colore può avere tutte le sfumature del grigio
chiarissimo, del bianco, anche con striature e venature, o ancora
possono avere mantelli diversi, ricordando che nascono scuri e da
continui incroci.
Quando si parla di allevamento dei
cavalli Lipizzani, non ci si deve fermare al centro principale di
Lipica che ha dato il nome a quei cavalli; infatti pressoché tutti i
cavalli della zona, allevati in molti cascinali e fattorie, sono
lipizzani. Servivano e servono anche per il trasporto e per lavorare
la terra. In tutto 1' altopiano la razza è diffusa ed è facile
incontrarli sulle strade, tra i boschi rossastri, nella penombra
squarciata a tratti dai raggi del sole.
Comunque, anche se gran parte degli
impianti negli ultimi anni è stata rinnovata, a Lipizza restano
delle stalle antiche e in alcune architravi e sui vecchi portali
d'ingresso vengono accuratamente conservate le iscrizioni risalenti
ai primi anni del 1700.
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Foto fatta durante le mia visita a Lipica |
I cavalli sono allevati in singoli
stalli e con il cartiglio della discendenza bene in vista; c'è un
grande campo per il maneggio all'aperto e un grande edificio per le
esibizioni dell'Alta Scuola e per la scuola di equitazione, con la
possibilità di fare cavalcate tra i boschi; ci sono anche carrozze
con tiri a quattro e vetturino con cilindro e redingotte per fare
suggestive passeggiate.
Dopo la prima guerra mondiale e il
disfacimento dell'Impero Austro-Ungarico, l'allevamento di Lipizza è
passato all'Italia; la; da esso furono attinti i cavalli bianchi di
parata, quelli per i corazzieri e soprattutto quelli per l'arma dei
Carabinieri e per il loro favoloso 'Carosello Storico', tanto che nel
1947 venne costituito l'allevamento specializzato di Fara Sabina
presso Roma.
Con una parte dei cavalli però
l'Austria creò un suo nuovo allevamento, a Piber presso Graz, in
particolare per le esigenze della "Cavallerizza" di Vienna.
Anche la Jugoslavia, sempre con esemplari provenienti da Lipizza, ne
ha creati altri in Croazia e in Macedonia. Ci sono anche altri
allevamenti di questa razza, ma quello di Lipizza resta il più
famoso. Ricordiamo tuttavia quello che era stato attivato ad Adis
Abeba per gli usi della Corte di Hailè Selassiè e, buon ultimo,
quello che sta organizzando l'Austria, con personale ed animali
provenienti da Piber, nell'oasi di Djarab, nell' Arabia Saudita.
Potenza dei petroldollari. Questo nuovo allevamento chiuderà un
ciclo iniziato quattrocento anni fa; infatti la razza lipizzana è
nata sull'altopiano carsico, proprio perché c'erano fattrici
rinvigorite da sangue arabo; ora ora questa stessa razza, dopo
quattro secoli, andrà ad alimentare i purosangue arabi.
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Gli allevamenti in Europa -foto mia |
Nel 1963 i 162 cavalli degli
allevamenti di Lipica e di Dakovo sono stati protagonisti del film di
Walt Disney "Il miracolo degli stalloni bianchi" (da noi il
titolo era "L'ultimo treno"), girato vicino a Vienna, a
Bonek, sui campi della Leitha. Il film rievocava la vicenda in cui il
generale americano Patton, sul finire della Seconda Guerra Mondiale,
rischiando di sua iniziativa e con un'azione a sorpresa che a quel
tempo fece scalpore, riuscì a salvare gli allevamenti dei Lipizzani.
I Tedeschi avevano depredato gli allevamenti di Lipizza e della
Macedonia, nonché quello austriaco di Piber e avevano concentrato
gli animali a Hosten, in Cecoslovacchia. Nel momento del disfacimento
dell'esercito tedesco e dell'occupazione di quel territorio da parte
delle truppe dell'URSS, il generale Patton recuperò dunque i
cavalli. Naturalmente poi questi furono restituiti alle proprie sedi,
facilmente identificabili attraverso i marchi che essi portavano.