Salomon de La Broue (1552-1602 approssimativamente), gentiluomo francese nato a Guascogna, in giovane età si recò in Italia per imparare i principi dell'equitazione alla Scuola
napoletana sotto gli insegnamenti del maestro
Pignatelli. Qui ci
rimase per cinque anni e poi fece ritorno in Francia diventando
écuyer del re Enrico IV .
Come fece
Pluvinel, anch'egli allievo
di
Pignatelli, portò gli insegnamenti della scuola italiana in
Francia e per questo viene tuttora considerato un pioniere
dell'equitazione francese.
Contrario all'addestramento duro
utilizzato nella Scuola napoletana, egli sosteneva l'importanza di un
rapporto con il cavallo basato sulla compresione, nel rispetto
dell'integrità fisica e morale dell'animale. Promuoveva
l'addestramento improntato alla dolcezza, alla persuasione e alla
pazienza:
"Se un
cavallo è restio per essere stato troppo castigato o costretto,
occorre tanta dolcezza e pazienza come se fosse un puledro."
Proprio
come un etologo, cercava la spiegazione di paure, rifiuti, stati
d'ansia dei cavalli nei loro comportamenti naturali libertà.
Sviluppò e affinò le sue competenze nell'addestramento
anteponendo sempre il benessere del cavallo a qualsiasi esercizio e
cercando costantemente la “leggerezza' nella sua arte, derivato dall'uso leggero, dolce e sapiente della mano, aiutata dall'assetto stabile e dall'accordo con le gambe. Era contro l'uso
eccessivo degli speroni e di morsi troppo duri a favore del filetto.
"Leggerezza
in bocca è un prerequisito per la leggerezza complessiva del cavallo
"
Fu autore del primo trattato francese
di equitazione, "Le Cavalerice Francois", pubblicato
nel 1593.
In questa opera La Broue utilizza molti termini
derivanti dalla lingua italiana perchè li riteneva più appropriati e
significativi, infatti scrive:
“Poiché
nella lingua francese quest’arte difetta di termini appropriati, ho
fatto ricorso alla lingua italiana, sia perché i Cavalieri ne fanno
un uso più comune, sia anche perché i termini italiani hanno un
non so che più gagliardo, sono più significativi, e possono
spiegare il significato con una sola parola, mentre ne
occorrerebbero diverse per farlo capire in francese. Nondimeno,
poiché queste parole e altre dell’arte non sono conosciute da
tutti i Francesi, li ho voluti sollevare da questa pena con la
seguente interpretazione”
La
parola 'cavalerice',
che usa nel titolo, deriva dall’italiano cavallerizzo o
cavallarizzo. E' l'equivalente della parola francese 'écuyer'
che
però può assumere significati diversi ad esempio:
écuyer
de cusine
è primo ufficiale della cucina del re o di un principe
écuyer
tranchant è
colui che taglia la carne
écuyer
de bouche
è colui che serve alla tavola de re
écuyer
de main,
colui che dà la mano a un principe o a una principessa per scendere
da una vettura
Scrive
Le Broue:
“se
la parola escuyer non significasse altra cosa in Francia che buon
uomo di cavalli me ne sarei servito. Ma siccome si può adattare a
molti altri significati ho trovato più rapido usare una parola
straniera, avendo anche avuto il consiglio di alcuni amici molto
capaci in quest’arte”
Elenca
poi quarantotto parole italiane 'francesizzate' con a fianco la loro
spiegazione:
Molte
parole che oggi si usano in equitazione derivanti dal linguaggio
equestre francese in realtà sono la 'traduzione'/rielaborazione di
termini italiani passati in Francia durante il Rinascimento.
I trattati di La Broue e di Pluvinel
sono il fondamento della dottrina francese, che verrà, nel corso
degli anni, migliorata e perfezionata fino ad arrivare al capolavoro
di
François Robichon de La Guérinière,
Ecole de Cavalerie.
Nella sua opera, La Gueriniere, fa spesso riferimento a De La Broue e ai suoi principi, e così comincia la sua "Scuola di Cavalleria":
"Capo Primo: Perchè vi sono tanto pochi uomini periti nell'arte di formare buoni cavalli, e delle qualità necessarie per acquistarla.
Tutte le scienza e tutte le arti hanno dei pricipii e delle regole, col di cui mezzo si fanno delle scoperte, che conducono alla loro perfezione...
I nostri gran maestri dell' arte, che
hanno fatto parlare tanto di sè nei tempi felici della cavalleria, e
di cui si piange anche adesso la perdita, non ci hanno punto lasciate
delle regole che ci ammaestrassero in ciò che eglino avevano
acquistato con una applicazione non interrotta, secondata da felici
disposizioni , avvivata dall'emulazione di tutta la nobiltà, ed
animata dalla vista di una ricompensa inseparabile dal vero
merito....
Privi di questi vantaggi, noi non
possiamo cercare la verità che nei principii di quelli che ci hanno
lasciato in iscritto il frutto de' loro travagli e de' loro lumi. Tra
un numero assai grande di autori, noi, secondo l' unanime opinione di
tutti i competenti, non ne abbiamo che due , le cui opere sieno
stimate, il De La Broue ed il Duca di Newcastle.
Il sig. De La Broue viveva sotto il
regno di Enrico IV. Egli ha composto un' opera in foglio che
comprende i principii di Giovanni Battista Pignatelli suo maestro, il
quale teneva accademia a Napoli. Questa scuola godeva di così grande
riputazione , che era considerata la prima del mondo. Tutta la
nobiltà di Francia e di Allemagna, che voleva perfezionarsi nella
cavallerizza, era obbligata ad andare da questo illustre maestro a
prendere lezione.
Il Duca di Newcastle dice che il De La
Broue ha portate le sue lezioni ad un grado sì alto di perfezione,
che bisogna essere consumato in questo mestiere onde praticarle.
Questo elogio, benchè un poco critico, non lascia di provare
l'eccellenza di questo autore."
Non essendo io in grado di leggere il libro di De La Broue, ma solo ammirarne le splendide immagini, vengo a scoprire proprio dall'opera di La Gueriniere alcuni pensieri espressi dal cavallerizzo guascogano:
Le fonti: