"Noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose e più lontano di quanto vedessero questi ultimi; non perché la nostra vista sia più acuta, o la nostra altezza ci avvantaggi, ma perché siamo sostenuti e innalzati dalla statura dei giganti ai quali ci appoggiamo"

Bernardo di Chartres,1120

martedì 21 aprile 2015

I cavalli dell'Imperatore - Parte seconda

Dal libro "La grande cavalcata" di Giancarlo Pretini.
La prima parte  racconta di Lipizza e dei sui bianchi cavalli mentre in questa seconda l'autore descrive la Scuola di Equitazione Spagnola di Vienna.  
Ovviamente, essendo il libro stato stampato nel 1984, alcune cose possono essere diverse oggi, però mi piace immaginarla con il fascino che trasmettono le parole di questo capitolo. Chissà se un giorno....



La "Cavallerizza" di Vienna 

La "Scuola di equitazione spagnola" di Vienna è legata a filo doppio con Trieste, poiché Vienna era la capitale dell'Impero Austro-Ungarico e perché da Lipizza, posta appunto nel territorio di Trieste, vi affluivano i suoi meravigliosi cavalli.

Quella Scuola è del resto anche intimamente legata al circo, e non è di certo una profanazione, perché essa resta, dopo secoli di attività continua, l'unico posto dove ancora si coltiva in modo organico l'Alta Scuola di Equitazione, certamente con la ferrea disciplina dei regolamenti militari. Sarà bene ricordare ancora una volta che il circo è nato proprio da un sottufficiale di cavalleria, l'inglese Philip Astley che a Londra, in un maneggio circolare, nel 1768, presentò per la prima volta a pagamento gli esercizi equestri e di alta scuola che aveva appreso e perfezionato sotto le armi. Quindi si può dire che le esibizioni alla "Cavallerizza" di Vienna sono in fondo manifestazioni circensi allo stato puro, così come lo erano agli inizi. E forse è l'unico esempio di uno spettacolo che ha conservato nel tempo la sua matrice iniziale incontaminata e che si può ancora godere dal vivo. Più volte alla settimana e per dieci mesi all'anno, nel maneggio d'inverno, a fianco dell'ex Palazzo Imperiale di Vienna, i cavalli Lipizzani si addestrano e spesso vengono date esibizioni complete "in dressage". In questa grande sala rettangolare, gemma dell'architettura danubiana dell'epoca, costruita nel 1735, accorrono a migliaia i turisti ed è una festa degli occhi ammirare le evoluzioni perfette, sincrone fino allo spasimo, di questi cavalli bianchi , accostati alle redingotte nere dei cavalieri, mentre suonano le note del “Bel Danubio blu" di Strauss .Quadriglie, passi di parata e arie alte, una sinfonia di movimenti di cavalli, di colori e di musica. E all'esterno una lunga centinaia e centinaia di spettatori che aspettano il loro turno per entrare. Un successo di pubblico e di cassetta (il costo del biglietto è alto), da far invidia ai nostri chapiteaux.


Qualche cosa viene fatto ogni giorno anche a Lipica, nel nuovo maneggio olimpico coperto (65 x 20 m.), anche se in forma meno solenne; ma è sempre una gioia profonda ammirare i miracoli di questi cavalli bianchi.


La scuola militare di equitazione di Vienna si chiama "spagnola'' perché, fino dall'inizio del 1600, usava "moreni" dì sangue arabo importati dalla Spagna, ma l'Alta Scuola che vi si insegna è di origine napoletana, dei tempi in cui questa parte d'Italia faceva parte dei domini spagnoli
 

Le "arie basse" , le "arie alte" e le principali figure sono state codificate nel 1550 da Federico Grisone (Federico Griso), in base agli insegnamenti del Conte Pignatelli che agiva nell'Accademia Napoletana di Equitazione, databile al 1535, sotto i Borboni. “Gli ordini di cavalcare" è stato il primo libro di valore stampato sull'equitazione; tradotto poi in molte lingue. Solo agli inizi del '600 appariva in francese l'altro celebre libro sull'equitazione, opera di Salamon De La Bruce, sempre basato sugli insegnamenti del Pignatelli, di cui era stato allievo. Ed ecco perchè è radicato l'uso per i giochi equestri e per i cavalli, di adoperare termini francesi, data la grande affermazione e il grande successo del circo equestre in Francia, fin dalla fine del '700.


Le "arie basse" sono le figure fatte a terra e che tecnicamente, in un mondo dove il cavallo è diventato raro ed è stato soppiantato dalle macchine a motore, hanno ormai nomi incomprensibili per il grande pubblico. Nei nostri circhi si preferisce presentarle con il nome dei ballabili. I cavalli ballano infatti il valzer, la polka, il cha-cha-cha.



Le "arie alte,' sono quelle che vedono il cavallo staccarsi da terra e saltare immaginari ostacoli. Esse si possono vedere solo in circhi specializzati nell'impiego dei cavalli, dove ci siano dei "dresseurs" appassionati e molto capaci. Infatti un cavallo normalmente può fare una sola figura alta ed è impossibile mantenere oggi un cavallo in un circo per soli pochi secondi di spettacolo, a parte le difficoltà estreme della riuscita degli esercizi. Qualcosa si è potuto vedere nei circhi dei Togni e in particolare nell'Americano, dove è rimasto quell'impareggiabile ammaestratore e amante dei cavalli che è Ferdinando Togni, purtroppo già molto avanti negli anni.. Per il resto, attualmente si possono vedere begli esercizi al circo Knie svizzero e in quello francese dei Gruss; raramente forse in qualche altro. Il “Cirque Gruss à l'Ancienne" , un vero gioiello nel suo genere, è stato ospite per poche presentazioni in Campo S. Angelo, nel 1981, in occasione del rinnovato Carnevale di Venezia. 



Un'altra attrazione che ha un aggancio concreto con Trieste, per 1' origine dei cavalli che impiega, e cioè sempre i Lipizzani, è il citato Carosello Storico dei carabinieri. Anche per questo famoso Carosello, non è una dissacrazione dire che la manifestazione è cara al mondo del circo, perchè è compendio, anche se con uno scopo più esaltante, di tutti i lavori equestri e le pantomime di cavalleria che venivano presentate una volta proprio nei circhi-

Il “Carosello" è stato presentato a Trieste, all'ippodromo di Montebello negli anni 1962, 1965, 1968. A Udine nel 1972 e l'ultima volta (a Campoformido) nel 1981. 

Torino festeggia il bicentenario dell'Arma dei carabinieri (2014)

domenica 19 aprile 2015

I cavalli dell'Imperatore - Parte Prima

Dal libro "La grande cavalcata" di Giancarlo Pretini (del quale ho scritto qui) stampato nel 1984.
In questo libro l'autore racconta la storia del circo dalla metà del 1700 e la sua evoluzione nei 200 anni a seguire. Fu il cavallerizzo Philip Astley che nel 1768, a Londra , per primo pensò di esibirsi a pagamento nell'arte che aveva appreso nell'esercito inglese. In seguito a Parigi, a cavallo tra il '700 e l''800 , l'udinese Antonio Franconi, anche lui grande cavallerizzo,  affermò questa nuova forma di spettacolo e lo chiamò 'Circo',
Tra le tantissime curiosità di questo testo ho trovato un capitolo molto interessante sulla storia del cavallo Lipizzano e sull'allevamento di  Lipizza (meta di una mia recente visita), che riporto in questa prima parte,  e della Scuola di Equitazione di Vienna alla quale dedichèro un altro post (qui).



Gli allevamenti di Lipizza


Lipizza è attualmente in territorio sloveno, sull'altopiano carsico, alle Spalle di Trieste. Il suo nome originario, Lipica, vuol dire 'piccolo tiglio'. Nonostante tutte le sue vicissitudini politiche e territoriali, porta ancora indelebile il marchio dei fasti asburgici. Nelle varie epoche fu sotto il dominio dell'Impero Austriaco; poi dell'Italia, dal 1918 al 1945; infine è stata assegnata alla Jugoslavia. In pochi anni, precisamente ventisette, la popolazione della zona ha cambiato tre differenti nazionalità e la località è stata via via trasformata. Ma il fascino dei suoi cavalli e del suo habitat è ancora quello dell'epoca viennese. Ci sono ancora infatti grandi scuderie e ampie distese di prati disseminati di querce, dove regna sovrano e si riproduce incontrastato il cavallo appunto di razza lipizzana. Centinaia di cavalli, scuri alla nascita e bianchi candidi da adulti, si offrono alla curiosità e all'ammirazione dei visitatori, liberi sui prati e nei recinti. Tutto ciò a pochi chilometri dal confine della Regione Friuli Venezia-Giulia; una vera e propria attrazione unica nel suo genere, invidiata da tutto il mondo dello spettacolo e dell'equitazione. 

Nota personale: Posso confermare che appena si oltrepassa l'ingresso a Lipizza sembra di entrare in un altro mondo; una lunga strada ricca di sinuose curve, racchiusa da bianche staccionate di legno e affiancata solo da immensi prati, disseminati di querce,  dove pascolano liberi centinaia di meravigliosi cavalli, accompagna il visitatore alle antiche scuderie. Uno spettacolo mozzafiato che mi fa fatto subito accostare e scendere per respirare a pieni polmoni l'aria di libertà, di felicità, di magia, di bellezza assoluta che questo posto emana. E' il ricordo più bello che ho conservato di questo viaggio ed ho tentato di fermare queste emozioni con delle foto, ma viverle è un'altra cosa!

 

Quella dei lipizzani è una razza creata dal niente, nel corso di quattro secoli, appositamente per quelle che erano le necessità dell'allora Corte di Vienna. Necessità pratiche e coreografiche: per le pariglie da tiro delle carrozze, da sella per i nobili e per gli ufficiali, per la cavalleria, per le parate e per i giochi equestri. Perciò cavalli non molto grandi, con le groppe possenti, con garretti forti e snelli e necessariamente col mantello bianco per contrastare con i "legni", che a quel tempo erano sempre scuri o con l'oro dei cocchi imperiali e con i colori sgargianti delle divise. Sono cavalli alteri e mansueti; i più apprezzati per le loro evoluzioni nei circhi equestri. Quando scrosciano i battimani e gli occhi sono abbacinati dai caroselli di quegli stalloni bianchi impennacchiati di rosso, giallo, oro e scoppiano esclamazioni di ammirazione per la perfezione delle ``capriole", delle "levade" e di tutte le arie alte o le figure più semplici dell'Alta Scuola, è perché nella pista di segatura ci sono loro: i Lipizzani. Il profumo della segatura misto all' odore dei cavalli è un connubio indissolubile del circo, e finché ci sarà il circo ci saranno i cavalli e il loro re sarà sempre e ancora il Lipizzano.

La discendenza ha una lunga storia; essa è stata creata a partire dal 1580 ed a volerlo è stato L'Arciduca Carlo, terzogenito dell'Imperatore Ferdinando Primo e Reggente della Stiria e dell'Istria.
Probabilmente la località venne scelta in quanto era territorio del Reggente e perchè sul posto dovevano esserci eccellenti fattrici derivanti o rinsanguate da cavalli arabi, retaggio delle invasioni turche del secolo XIV e XV.

Attualmente sono sei le maggiori famiglie dei Lipizzani su cui si è svolta la migliore selezione; tutte prendono il nome dagli stalloni loro capostipiti: Conversano, morello di origine napoletana; quindi Favory e Maestoso; poi Napolitano, anche questo di origine napoletana; Pluto, di origine danese e Siglavy, di sangue arabo. Hanno una grande armonia di forme e da adulti il loro colore può avere tutte le sfumature del grigio chiarissimo, del bianco, anche con striature e venature, o ancora possono avere mantelli diversi, ricordando che nascono scuri e da continui incroci.

Quando si parla di allevamento dei cavalli Lipizzani, non ci si deve fermare al centro principale di Lipica che ha dato il nome a quei cavalli; infatti pressoché tutti i cavalli della zona, allevati in molti cascinali e fattorie, sono lipizzani. Servivano e servono anche per il trasporto e per lavorare la terra. In tutto 1' altopiano la razza è diffusa ed è facile incontrarli sulle strade, tra i boschi rossastri, nella penombra squarciata a tratti dai raggi del sole. 

Comunque, anche se gran parte degli impianti negli ultimi anni è stata rinnovata, a Lipizza restano delle stalle antiche e in alcune architravi e sui vecchi portali d'ingresso vengono accuratamente conservate le iscrizioni risalenti ai primi anni del 1700.

Foto fatta durante le mia visita a Lipica

I cavalli sono allevati in singoli stalli e con il cartiglio della discendenza bene in vista; c'è un grande campo per il maneggio all'aperto e un grande edificio per le esibizioni dell'Alta Scuola e per la scuola di equitazione, con la possibilità di fare cavalcate tra i boschi; ci sono anche carrozze con tiri a quattro e vetturino con cilindro e redingotte per fare suggestive passeggiate. 

Dopo la prima guerra mondiale e il disfacimento dell'Impero Austro-Ungarico, l'allevamento di Lipizza è passato all'Italia; la; da esso furono attinti i cavalli bianchi di parata, quelli per i corazzieri e soprattutto quelli per l'arma dei Carabinieri e per il loro favoloso 'Carosello Storico', tanto che nel 1947 venne costituito l'allevamento specializzato di Fara Sabina presso Roma.

Con una parte dei cavalli però l'Austria creò un suo nuovo allevamento, a Piber presso Graz, in particolare per le esigenze della "Cavallerizza" di Vienna. Anche la Jugoslavia, sempre con esemplari provenienti da Lipizza, ne ha creati altri in Croazia e in Macedonia. Ci sono anche altri allevamenti di questa razza, ma quello di Lipizza resta il più famoso. Ricordiamo tuttavia quello che era stato attivato ad Adis Abeba per gli usi della Corte di Hailè Selassiè e, buon ultimo, quello che sta organizzando l'Austria, con personale ed animali provenienti da Piber, nell'oasi di Djarab, nell' Arabia Saudita. Potenza dei petroldollari. Questo nuovo allevamento chiuderà un ciclo iniziato quattrocento anni fa; infatti la razza lipizzana è nata sull'altopiano carsico, proprio perché c'erano fattrici rinvigorite da sangue arabo; ora ora questa stessa razza, dopo quattro secoli, andrà ad alimentare i purosangue arabi.

Gli allevamenti in Europa -foto mia

Nel 1963 i 162 cavalli degli allevamenti di Lipica e di Dakovo sono stati protagonisti del film di Walt Disney "Il miracolo degli stalloni bianchi" (da noi il titolo era "L'ultimo treno"), girato vicino a Vienna, a Bonek, sui campi della Leitha. Il film rievocava la vicenda in cui il generale americano Patton, sul finire della Seconda Guerra Mondiale, rischiando di sua iniziativa e con un'azione a sorpresa che a quel tempo fece scalpore, riuscì a salvare gli allevamenti dei Lipizzani. I Tedeschi avevano depredato gli allevamenti di Lipizza e della Macedonia, nonché quello austriaco di Piber e avevano concentrato gli animali a Hosten, in Cecoslovacchia. Nel momento del disfacimento dell'esercito tedesco e dell'occupazione di quel territorio da parte delle truppe dell'URSS, il generale Patton recuperò dunque i cavalli. Naturalmente poi questi furono restituiti alle proprie sedi, facilmente identificabili attraverso i marchi che essi portavano.