"Noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose e più lontano di quanto vedessero questi ultimi; non perché la nostra vista sia più acuta, o la nostra altezza ci avvantaggi, ma perché siamo sostenuti e innalzati dalla statura dei giganti ai quali ci appoggiamo"

Bernardo di Chartres,1120

lunedì 22 dicembre 2014

A Silvio

Carissimo fratellino, ero ancora una bambinetta quando sei nato ma è ancora vivo il ricordo di quegli anni quando tornavo a casa da scuola e mi occupavo di te. Un po' eri la mia scusa per schivarmi i lavori di casa, lo ammetto (e Lucia ne sa qualcosa...), ma soprattuto lo facevo perchè mi piaceva tanto stare con te. Eri un tenero, morbido bambolotto dal faccino tondo e le guanciotte rosse, sempre sorridente e allegro ed io amavo portarti a spasso in bicicletta e ti cambiavo anche i pannolini!!! La mamma dice sempre che sei stato il mio primo bambino...

E stasera mi sono veramente commossa a guardare il video di presentazione della tua nuova azienda... sei cresciuto, e molto bene direi, ti sei realizzato, ti sei fatto una famiglia e sei felice... ed io pure tanto per te!!! Sei dall'altra parte del mondo e mi manchi, però sono fiera di te, di come sei, di quello che hai fatto nella tua vita, del fatto di essere sempre presente anche se sei lontanissimo!
Ho pianto, come non facevo da tempo, quando, alla conclusione del video, hai voluto ringraziare tua moglie per essere la tua compagna di vita e di lavoro, i tuoi genitori perchè, anche se sono lontani da te, sempre ti hanno aiutato e infine Agostino per averti insegnato quello che sai del tuo lavoro. 
Non è da tutti ricordarsi che siamo quello che siamo non solo per merito nostro, ma anche perchè abbiamo avuto delle oppurtunità, abbiamo una famiglia che ci ha sempre sostenuto, abbiamo le esperienze, la cultura, e i principi morali di chi ci ha cresciuto fisicamente ed anche professionalmente nel tuo caso.
E' bellissima la frase che hai citato e che voglio riportare qui per ricordarla per sempre, per ricordarmi il valore dell'umiltà!

Grazie Silvio, sono orgogliosa di te!!!

"Noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose e più lontano di quanto vedessero questi ultimi; non perché la nostra vista sia più acuta, o la nostra altezza ci avvantaggi, ma perché siamo sostenuti e innalzati dalla statura dei giganti ai quali ci appoggiamo"      
Bernardo di Chartres,1120




sabato 13 dicembre 2014

Antoine de Pluvinel

Antoine de Pluvinel, nacque nel 1552 a Crest e morì nel 1620 a Parigi.
Assieme a  Salomon de La Broue è stato uno dei precursori della scuola di equitazione francese.
In giovane età fu mandato dal padre in Italia, a Napoli, presso l'accademia fondata fa Federico Grisone , dove rimase fino al 1571 acquisendo il metodi di addestramento equestre dell'allora maestro Giovanni Battista Pignatelli.

Tornato poi in Francia divenne istruttore di Enrico III (re di Francia dal 1574 al 1589), del suo successore Enrico IV (1589-1610) ed infine di Luigi XIII (1610-1643).
Nel 1594, a coronamento di un suo sogno, riuscì a fondare a Parigi l'"Academie d'Equitation". Lì, la nobiltà francese andava per studiare non solo l'equitazione ma anche la danza, la musica e la matematica. Richelieu, futuro primo ministro del re Luigi XIII, e William Cavendish Duca di Newcastle furono tra gli allievi illustri di questa accademia prestigiosa.

Pluvinel, raffinò i metodi usati dal suo maestro italiano Pignatelli , era molto rispettoso verso il cavallo, impiegava gli aiuti in maniera fine e utilizzava morsi più delicati. Considerava il cavallo un animale sensibile, intelligente, con difetti e qualità soggettive e quindi dotato di personalità, era contrario all'uso della forza per ottenerne l'obbedienza ma cercava piuttosto la comprensione utilizzando metodi dolci. Riteneva importante rendere piacevole il lavoro per il cavallo ottenendo così da quest'ultimo maggiore disponibilità e migliori andature.

Volendo ottenere andature sempre più elastiche e corte, introdusse l'uso dei pilieri attraverso i quali riusciva a rendere pieghevole ed elastico il cavallo.
Nell'addestramento intorno al piliere unico, tecnica già utilizzata in Italia, il cavallo cammina spostando le anche su una circonferenza a diametro maggiore di quella tracciata dagli anteriori e prefigura il lavoro su due piste e la flessione della spalla in dentro. Mentre la lezione ai doppi pilieri, codificata da Pluvinel, ha per obiettivo quello di compattare le forze del cavallo , di portarlo alla riunione e di raddrizzarlo .Queste tecniche sono ampiamente descritte e raffigurate nel suo libro "L'instruction du Roy en l'exercice de monter à cheval" pubblicato dopo la sua morte, nel 1625,e sono ancora in uso nella scuola di Vienna.

Pluvinel può essere considerato il padre della moderna equitazione, i suoi insegnamenti saranno poi ripresi e raffinati da La Gueriniere.


Ha detto: “La bontà deve prevalere sulla violenza, per cui si deve punire un cavallo soltanto se il suo rifiuto è originato da pigrizia"

Le fonti:
http://www.aaee.it/node/81
http://passionevaquera.webnode.it/s/
http://en.wikipedia.org/wiki/Antoine_de_Pluvinel 
http://fr.wikipedia.org/wiki/Antoine_de_Pluvinel


mercoledì 10 dicembre 2014

L'imperfetta

Animata da un costante desiderio di miglioramento, spesso vittima delle aspettative...
 
Scacciare i pensieri negativi con pensieri positivi per non perdere la fiducia:

Il fatto che l'attività svolta in modo così imperfetto sia stata e sia tuttora per me fonte inesauribile di gioia, mi fa ritenere che l'imperfezione nell'eseguire il compito che ci siamo prefissi o ci è stato assegnato, sia più consona alla natura umana così imperfetta che non la perfezione. (Rita Levi-Montalcini)

La perfezione non esiste e sarebbe comunque un punto di arrivo oltre al quale non puoi andare.
L'essere imperfetto ti consente andare oltre, di lottare per cercare di migliorarti, di impegnarti a rincorrere degli obbiettivi , di avere  soddifazioni oppure, e perchè no,  delusioni, in ogni caso, delle emozioni... è una sfida con te stesso, un stimolo per non mollare mai!

Consapevole del mio essere imperfetta, felice del mio essere perfettibile!


sabato 6 dicembre 2014

Nota poetica

Scritto da Francois Baucher nell'introduzione al suo libro 
"Manuale di Equitazione basato sopra nuovi principi"  (1844)

"Errano coloro i quali figuransi che basti pagar
caro e batter forte per possedere buoni cavalli 
e saperli dirigere. Non sappiano noi per lo contrario
quanto tempo e quanti studi sono necessari per 
conoscere a fondo questo nobile animale!
La vita intiera non basta, per quegli che pratica
l'equitazione con coscienza, discernimento e amore;
ma quanto largo compenso non trovasi poi nel
lavoro medesimo! quante vive soddisfazioni, quanti
deliziosi momenti pel cavallerizzo! qual nobile 
interprete non incontra egli in questo interessante amico
dell'uomo! quale intimità ricca di piacere, quante 
conversazioni vive, piccanti, istruttive! Dimandatelo
a coloro che gustarono queste gioie, s'egli è vero
che il cavallo non sia una macchina senza intendimento!
Oh! potessi io spandere questi piaceri nel mondo equestre..."


Quanto sentimento in queste poche righe!

mercoledì 3 dicembre 2014

François Baucher

François Baucher, uno tra i più grandi studiosi dell'arte equestre di ogni tempo, il grande "uomo di cavalli" francese, nacque a Versailles il 16 giugno 1796. 
Venne al mondo quindi alla fine del settecento, quando ancora non c'erano le macchine a motore e il cavallo godeva di una grande importanza perchè era indispensabile all'uomo nel lavoro, nei trasporti, nella guerra, nella vita di tutti i giorni. All'epoca il cavallo faceva parte della vita mondana ed era presentato come attrazione nei spettacoli circensi.

Di umili origini, figlio di un  mercante di vini e di una popolana,  trascorse la sua infanzia a Versailles, dove i Re e gli Imperatori Francesi avevano la loro residenza, dove pernottavano durante i periodi di caccia fuori Parigi che dista appena 15 km. Qui c'erano scuderie che ospitavano centinaia di cavalli e cavalieri e un'antica scuola di equitazione tra le più famose d'europa.
Già nell'infanzia quindi Baucher visse a contatto con cavalli di ogni razza e qualità, cavalieri e istruttori equestri militari e civili, uomini di spettacolo, sfilate militari e pantomime equestri ed è in queso contesto che probabilmente nacque il suo grande amore per l'equitazione.

Appena quattordicenne, spinto forse da questa passione o per necessità, venne mandato dal padre a Milano, presso uno zio sovrintendente delle scuderie di Camillo Borghese, principe di Sulmona e marito di Paolina Bonaparte, dove lavorò ed imparò le prime tecniche equestri.
In Italia ebbe modo di conoscere le tecniche di addestramento di Federigo Mazzuchelli, che furono per lui di ispirazione nello studio e sviluppo del suo metodo, infatti si trovano dei concetti molto simili nelle opere dei due maestri.

A 18 anni, dopo la caduta di Napoleone, tornò a Versailles. Qui avrebbe voluto affermarsi nell'ambito militare ma i suoi umili natali non gli consentirono di entrare in questo mondo ormai cristallizzato. Essendo un uomo di ingegnoso e di spirito si dedicò alla libera imprenditorialità dell'addestramento diventando un rigoroso maestro di equitazione, colto e studioso della sua arte.

Nel 1820 assunse in proprio il maneggio di Rounen, il “maneggio rotondo”, uno stabilimento circolare che aveva ospitato le prime grandi affermazioni di Antonio Franconi, considerato il fondatore del Circo francese, avvicinandosì così al mondo dello spettacolo equestre.

Nel 1833, quando già era entrata in attività la prima locomotiva a vapore (1830) e  il cavallo, pur avendo ancora il massimo della considerazione, cominciava la sua parabola discendente,  scrisse il : Dizionario Ragionato di Equitazione. In quest'opera ampiamente descrittiva straspare in tutta la sua pienezza il mondo equestre del tempo compresa la parte spettacolare. E' un capolavoro che, al di là di ogni valore tecnico, emana la poesia del suo autore  e il sapore del tempo con un fascino insuperabile!
In questo libro si trovano alcuni concetti appartenenti alla prima maniera di Baucher, il suo primo metodo che avrà una lunga e profonda evoluzione.

Nel 1834 si unì  a Jules Charles Pellier, per gestire assieme uno dei più rinomati maneggi per l'insegnamento dell'equitazione di Parigi, il maneggio “Rue du Faubourg St-Martin” entrando così in competizione con il Conte D'aure.
Assieme a Pellier pubblicò “Dialoghi sull'equitazione” che non fu un'opera degna di memoria.

Lavorò al "Cirque Olimpique" dei fratelli Franconi dove, assieme ai sui cavalli Partisan e Buridan, si esibiva a ritmo di musica. Era una vera stella anche se era molto introverso e non si concedeva al pubblico. Qui si esibiva con il suo Partisan, purosangue inglese acquistato per soli 500 franchi quando era ormai stato rovinato sia nel carattere che nel movimento, con il quale mise in pratica il suo metodo di addestramento trasformandolo, come testimonia il Gen. L'Hotte, nel più docile e aggraziato dei cavalli.
Dal 1838 al 1848 fu coodirettore assieme al propretario Louis Dejean, socio di un figlio dei Franconi, del "Circue de Champes-Elisees", per poi esibirsi anche nel "Circue Napoleon" e in altre nazioni quali Germania, Austria, Italia impartendo lezioni agli allievi delle località che toccava, approfondendo istancabilmente i suoi studi. 
Nel 1842  pubblicò il libro Manuale d’Equitazione secondo i nuovi principi”. Questa opera è stata tradotta in diverse lingue dimosrando il grande interesse suscitato.

Nonostante la notorietà nel mondo civile a Baucher però mancava l’apprezzamento del mondo militare. Finalmente il ministro della Guerra si interessò con entusiasmo al metodo di Baucher e inviò ventisei ufficiali di cavalleria a seguire per conto del Ministero il corso di Baucher. I movimenti di alta scuola furono la base dei corsi di equitazione tenuti da Baucher per gli ufficiali. Nel gennaio 1843 finamente Baucher realizzò il suo sogno: insegnare all' Accademia di Saumur, erede di quella di Versailles,  al corso per capitani istruttori. Ma quando il Duca d'Orleans, responsabile della Scuola di Cavalleria, perse la vita in un incidente, l'incarico passò al fratello Nemours, ex allievo del Visconte d’Aure, antibaucherista estremo e che male aveva sopportato che il suo successo fosse oscurato dal plebeo Baucher. La posizione sociale e le sue origini portarono ben presto il Visconte d’Aure al posto di Baucher che, scoraggiato e amareggiato si dedicò solo all’attività del circo e all’insegnamento.

Il metodo Baucher non fu  accettato perchè, pur essendo estremamente logico non era praticabile  in quanto necessitava di una buona istruzione, cultura e finezza , impensabili nell'esercito del tempo.
Il tempo era ancora 'antico' mentre Baucher era un autentico 'precursore', tanto che buona parte dei sui principi sono alla base della 'buona' equitazione attuale.

Deluso abbandonò la Francia alla volta di Berlino, qui dopo un primo momento di successo il suo circo fu abbandonato dal pubblico. Dalla Germania si trasferì quindi a Vienna e da qui in Italia dove lavorò a Venezia e a Milano, tornò infine in Francia a Lione dove conobbe il Generale L'Hotte che gli restò amico fino alla morte.

Nel 1855 al circo, mentre provava con una giovane cavalla, il pesante lampadario di cristallo del circo si stacco e cadde colpendo in pieno Baucher ferendolo gravemente ad una gamba, alle anche e al petto. Si riprese solo in parte dopo molti mesi di sofferenze e cure ma non recuperò mai più parte della sua forza.
Spettacolo equestre al circo Franconi, Champs Elysees, Parigi, di Eugène Louis Lami (1800-1890), incisione di Charles Mottram (1807-1876) tratta da Summer and Winter in Paris, 1844. Francia, XIX secolo

Fu in questo periodo che elaborò la suo secondo metodo e scrisse il libro Opera completa di F. Baucher”. Questa opera, contenente tutte le sue precedenti pubblicazioni riviste e corrette,  ebbe un grande successo per le novità introdotte, caratterizzate dalla ricerca della leggerezza

Malato, ormai incapace di muoversi, quasi cieco, morì in solitudine nella notte tra il 13 e il 14 Marzo del 1873.  

Riporto : 
Il principio base sul quale si basava il primo metodo Baucher era, come afferma lui stesso, la "distruzione" delle forze istintive del cavallo in modo che il cavaliere ne avesse il totale controllo. Ma la vera intuizione fu l'aver capito che le resistenze che il cavallo oppone al suo cavaliere sono concentrate nell'insieme mascella – incollatura. Il suo metodo, dunque, era improntato nell'esecuzione di una serie di esercizi di ginnastica, da compiere sia da terra che in sella, volti all'ammorbidimento della mascella e dell'incollatura mediante una serie di flessioni eseguite con l'aiuto della briglia. Non possiamo nascondere che questo primo metodo, specialmente nella ricerca dell'effetto d'insieme era molto coercitivo per l'animale prevedendo l'uso contemporaneo sia delle mani che degli speroni.  

Solamente con l'elaborazione del suo "secondo metodo" Baucher ammorbidì le sue posizioni e la sua ricerca si spostò dalla "distruzione" delle forze istintive del cavallo alla loro "armonizzazione", abbandonò anche l'uso contemporaneo delle mani e delle gambe limitandolo solo all'esecuzione della mezza fermata, e proprio in questo periodo nacque il suo famoso detto "mani senza gambe, gambe senza mani". Anche per quanto riguarda l'imboccatura passò dall'uso della briglia al semplice filetto Baucher.

All'epoca ebbe molti sostenitori ma fu anche molto criticato e ancora oggi è motivo di discussioni più o meno costruttive tra gli 'esperti' del settore.
C'è che lo giudica  il più straordinario genio equestre mai esistito, e chi invece lo accussa, prima di tutto, di non avere inventato niente di nuovo ma solo utilizzato i principi già espressi da Mazzucchelli e di altri maestri prima di lui, e poi di utilizzare un metoto che tende a soffocare l'impulso naturale del cavallo.
Sicuramente da ricordare in questa pagina la grande competizione tra il Baucher e il conte D'Aure. Contemporanei, si dividevano la scena equestre francese, entrambi grandi cavallerizzi che hanno lasciato un segno nella storia. Diversi come il bianco e il nero, il primo per tutta la vita studiò un suo metodo basato sulla ginnastica  e lo stretching, un lavoro propedeutico volto al fine di raggiungere la leggerezza e la grazia dei movimenti del cavallo per portarlo a compiere esercizi di alta scuola, l'altro personificava l'equitazione di campagna, ardita, meno raffinata ma più diretta ad aumentare l'impulso del cavallo, e grazie alla sua audacia e al suo magnifico assetto in sella sapeva imporla al bel mondo parigino. 
Entrambi miravano a promulgare i loro insegnamenti presso la scuola di Saumur, che dopo essere stata Accademia di Alta Scuola ad uso esclusivo del Re (sotto il regno di Luigi XV i cavalli qui addestrati erano circa 2000!) , fu riorganizzata nel 1825 e si trasformò in scuola di formazione militare, dove si addestravano i cavalli, si istruivano gli ufficiali e i cavalieri principalmente per la guerra. Baucher riusciva ad incantare il pubblico del circo con la sua eccezionale bravura, la grazia e l'eleganza con cui sapeva far muovere i suoi cavalli, ma la sua arte fu considerata superlua ai fini dell'addestramento militare. Le sue idee erano troppo avanti per quel periodo storico e, come succede spesso ai grandi artisti,  non gli fu riconosciuto in vita il successo e la fama che ad oggi lo proclamano "Il più grande cavallerizzo di ogni luogo e di tutti i tempi"!

Pagina dal libro "Manuale di Equitazione basato sopra nuovi principi" (1844)


Integrazione del 26/04/2015:


Alcune foto che riguardano Baucher tratte dal libro di Giancarlo Pretini "Antonio Franconi e la nascita del circo".



Le fonti:
http://calmoinavantiedritto.blogspot.it/search/label/I%20grandi%20Cavallerizzi%3A%20-%20Baucher
http://www.aaee.it/node/92 
http://passionevaquera.webnode.it/francois-baucher/ 
http://www.cavalliegare.it/tecnica/100-francois-baucher.html 
http://passionevaquera.webnode.it/baucher%20e%20la%20guerini%C3%A8re/

lunedì 1 dicembre 2014

Equitazione e Dell'equitazione

Definizioni tratte dal libro "Dizionario Ragionato di Equitazione"(1833) di Francois Baucher.

EQUITAZIONE
E l'arte di ben montare a cavallo.
Per trattare questa voce come meriterebbe, bisognerebbe scrivere un libro intero; di seguito mi accontenterò di riporare alcuni passaggi sull'origine dell'equitazione e sui suoi vantaggi igenici... (vedi Dell'equitazione)

DELL'EQUITAZIONE
L’equitazione comunica agli organi dell’uomo la forza di cui essi hanno bisogno per acquisire convenientemente delle funzioni che gli sono proprie; regolarizza, se così posso esprimermi, tutti gli atti della vita, senza forzarli molto: Equitatio pulsum parum auget, ha detto Haller nei suoi Elementi di fisiologia. L’equitazione esercita una grande influenza sulla nutrizione e sull’assimilazione. Ed è assicurando un’ampia e giusta ripartizione dei principi nutritivi (che gli esercizi fisici hanno l’inconveniente di troppo dissipare), sviluppando così le costituzioni pletoriche e rotonde, segni certi di una salute robusta e di organi ben nutriti, che giunge a reprimere, direi quasi a soffocare, la predominanza della sensibilità, che causa disordini così grandi e così falsamente attribuiti alla debolezza dei nervi.

Il movimento generale che imprime l'esercizio moderato del cavallo è uno dei mezzi più adatti per fortificare la quasi universalità degli organi del corpo umano, ed è questa proprietà, tonica per eccellenza, che lo rende così valido per le persone deboli; per i convalescenti, e soprattutto per coloro che siano stati debilitati da lunghe malattie. Soprattutto i letterati devono praticare l’equitazione; vi troveranno un mezzo appropriato da opporre ai danni del loro genere di vita; poiché la posizione del corpo che questa pratica esige, ed i movimenti che determina, estremamente favorevoli alla libera espansione dei polmoni, distruggono efficacemente l’effetto nocivo della posizione forzata richiesta dal loro lavoro sedentario. Questo esercizio è d’altra parte uno dei più favorevoli al riposo del cervello poiché, senza affaticare le membra, senza dispendio d’influsso nervoso, il cavaliere apporta nei movimenti vitali che si dirigono verso l’encefalo una salutare diversione, ma non troppo intensa; tale da non impedire a quest’organo di riprendere prontamente con l’energia abituale la sua azione normale».


Concetti espressi quasi 200 anni fa e ancora validissimi oggi.  
L'equitazione è un'arte che fa bene al corpo e allo spirito.
E' una disciplina sportiva molto benefica per il corpo in quanto impegna diversi gruppi muscolari, gli addominali, i dorsali e i lombo-sacrali, muscoli del pube, dei glutei e quelli delle gambe e delle braccia,  potenziandoli e migliorandone il tono e l’elasticità.  
Aiuta l'apparato cardiovascolare, aumenta i battiti cardiaci e migliora il sistema di pompaggio del sangue.
Influisce positivamente sugli organi dell’equilibrio  e favorisce la consapevolezza del proprio corpo (propriocezione) in relazione allo spazio.
Andare a cavallo stimola l’attenzione, la concentrazione, la capacità di orientamento, l’interesse, la memoria, il velocizzarsi dei riflessi, l’agilità, la destrezza e l’equilibrio
E’ un'attività che può essere particata da tutti e a tutte le età: è molto educativa per i bambini e i ragazzi, è un valido aiuto per le persone ansiose o sotto stress, per persone con disabilità sia fisiche che neurologiche, aumenta l'autostima e la fiducia in se stessi, migliora le capacità di apprendimento  e favorisce la socializzazione.

Quindi l'equitazione è molto di più di uno sport, è una terapia per il corpo e per la mente, è  salute, è divertimento, è libertà, è vita... e, se praticata con passione, diventa un'arte!

 

venerdì 28 novembre 2014

Soddisfazioni!

"Un salto è un caso, una seduta positiva è frutto di lavoro!"

Piccole grandi gioie della vita...

giovedì 27 novembre 2014

Cavaliere


Vi fu un evo barbaro nel corso del quale il male prese il sopravvento, scomparvero dal mondo la lealtà, la solidarietà, la verità, la giustizia per cui dilagarono slealtà, inimicizia, ingiuria e falsità. L'orrore dilagò sul popolo di Dio, prevaricazioni e disordine portarono guerre pestilenze morte.
Fu necessario allora restaurare la giustizia perduta  e perché ciò potesse avvenire  tutto il popolo fu diviso per migliaia e da ogni mille fu scelto un solo uomo che si distinguesse dagli altri per gentilezza d‘animo, lealtà, saggezza e forza .
A quest'uomo così straordinario, in grado di prevalere su tutti per nobiltà, coraggio, tenacia e devozione ai suoi principi, fu dato per compagno quello che tra tutti gli animali è il più bello, il più veloce, il più pronto ad affrontare qualsiasi sacrifìcio, il più adatto a servire l'uomo, cioè il cavallo.

E per questo fu detto cavaliere .

“Libro sull ’Ordine della Cavalleria " del Doctor Illuminatus Ramon
Llull.

martedì 25 novembre 2014

Cesare Fiaschi

Cesare Fiaschi fu un gentiluomo ferrarese, nato nel 1523 da una famiglia di estensi, coetaneo di Grisone, forse maestro del famoso Giovanni Battista Pignatelli (da wikipedia) e fondatore dell’ “Accademia di Ferrara”. 
Nel 1556 scrive il libro Trattato dell’imbrigliare, atteggiare e ferrare cavallidi grande importanza nella bibliografia equestre.
Diviso in tre parti, in ciascuna delle quali tratta un argomento specifico,.
La prima parte riguarda la scelta dell'imboccatura, che non deve essere fatta in base alle mode del momento o alla ricerca del morso”miracoloso” che permetta al cavaliere di colmare le proprie lacune, ma deve essere una scelta fatta in base alle caratteristiche del cavallo e alla sua morfologia.
Nella seconda parte tratta il maneggio dei cavalli, ovvero l'addestramento.
Qui troviamo la parte più interessante poiché Fiaschi riporta la sua brillante intuizione di collegare i movimenti del cavallo, le andature, le figure, la frequenza dei salti alla musica al fine di agevolarne il ritmo, il tempo. Fiaschi è considerato l'iniziatore dei caroselli equestri accompagnati da musica, ma non è cosa certa. Certamente però fu il primo a servirsi della musica per il lavoro in cavallerizza.
La terza parte riguarda invece la ferratura, descrive i vari ferri adatti ad usi particolari e ai diversi tipi di unghia: perché “essendo i piedi quelli che portano il corpo e la fatica” è estremamente necessario che il cavaliere si istruisca in questa materia e non lasci tutto quel che la riguarda nelle mani dei maniscalchi, spesso poco preparati”. Un trattato unico, completo ed esauriente.
La bellezza di questo libro sta anche sulle molte tavole raffiguranti le varie imboccature, le figure di maneggio accompagnate da spartiti musicali, i tipi di ferri e una interessantissima tavola riportante “le infermità che possono molestare i cavalli”.



Sulla vita di questo cavaliere raffinato calò presto il silenzio; nell’agosto del 1568 fu condannato dal Tribunale della Santa Inquisizione a dieci anni di galera per aver seguito la setta del monaco eretico Giorgio Rioli detto il Siculo, ma venne graziato perché protetto dalla famiglia d’Este. Forse per questa disavventura, o forse perché subito dopo di lui brillò la stella del suo discepolo Giovan Battista Pignatelli il Fiaschi venne presto dimenticato. Fu un grande maestro e gentiluomo troppo educato per sgomitare in cerca di visibilità. La sua fama risulta un po' oscurata dalla figura del contemporaneo Grisone e dai nuovi maestri stranieri. Muore nel 1592.

lunedì 17 novembre 2014

Introspezione - Evoluzione

scopo = risultato a cui mira un'azione
obiettivo = meta che ci si propone di raggiungere

Quando lo scopo si trasforma in obiettivo cambia la prospettiva e tutto assume un significato diverso...
Sfumature che fanno la differenza!

giovedì 13 novembre 2014

Senofonte

Senofonte (430-354 a.C circa)  figlio di Grillo  è stato uno storico e mercenario ateniese.
La sua era una famiglia aristocratica e appartenente forse all'ordine dei cavalieri. Faceva parte infatti della cavalleria ateniese e probabilmene per questo aveva una grande dimestichezza con l'arte equestre.

Fu scrittore piacevolissimo, di grande nitidezza e purità di linguaggio. Tra le sue numerose opere di vario genere qui ricordiamo "Sull'equitazione" uno dei primi trattati sull'addestramento, la gestione e la selezione del cavallo  nel mondo occidentale, sia per uso militare che per lavoro.

Questo trattato è ricco di consigli e suggerimenti preziosi ancora attuali;  molte delle famose scuole e accademie di equitazione si sono ispirate ai suoi testi a cominciare da  quella del Grisone a Napoli. E' anche considerato uno dei primi lavori che descrivono i principi del dressage classico, principi che raccomandano l'uso di tecniche di addestramento senza dolore. Consiglia di usare molta sensibilità, umanità, pazienza, dolcezza e il buon senso con il cavallo  quindi raccomanda un grande rispetto verso quest'ultimo.

Una delle qualità più importanti del cavallo, secondo Senofonte, è di avere una schiena muscolosa.



Ha detto: «Il cavallo farà tutto ciò che vorremo ma si aspetta una ricompensa.»


martedì 11 novembre 2014

Federico Grisone

Federico Grisone ( 1492-1561) era un nobile, uno scrittore e maestro di equitazione. Visse a Napoli, fu uno dei primi istruttori di dressage e di equitazione di corte e pubblicò uno dei primi trattati equestri dell'Europa moderna.

Studiò attentamente i trattati di Senofonte ed aprì nel 1532 una scuola dove insegnava ai figli dell’aristocrazia napoletana l’arte dell’equitazione. I suoi insegnamenti ebbero un grande successo tanto che molti aristocratici d'Europa venivano in Italia per imparare alla sua scuola.

Scrisse il suo metodo in un trattatoGli ordini del cavalcareche, tra il 1550 e il 1623, venne stampato in ventuno edizioni italiane, quindici tradotte in francese, sette in tedesco, sei in inglese e una in spagnolo. In questa opera riporta le parole scritte da Senofonte, ma mentre quest'ultimo raccomandava il rispetto e la leggerezza, Grisone ricorreva a metodi piuttosto brutali, ed aveva inventato tutta una serie di imboccature e strumenti di tortura.
Questo è parzialmente giustificato dal fatto che i cavalli di cui disponeva il Grisone erano i diretti discendenti dei pesanti cavalli nel Medioevo , massicci e con scarso impulso. Nonostante i suoi metodi coercitivi , il Grisone diede prova nei suoi scritti, di comprendere pienamente le azioni, e le opposizioni, le difese e gli aiuti per mettere il cavallo in una giusta azione, con una profonda comprensione anche del suo carattere.

La sua opera darà inizio all'Alta Scuola di equitazione. Nel 1561 questo libro venne portato in Francia da Antoine de Pluvinel, maestro di equitazione di Luigi XIII, il quale riadattò il metodo e nel 1629 scrisse a sua volta L'Instruction du Roy en l'Exercice de Monter a Cheval


Le fonti:

giovedì 6 novembre 2014

François Robichon de La Guérinière

François Robichon de La Guérinière nacque nel 1688 a Essay  in Francia: Figlio di Pierre Robichon, signor de La Guérinière, che era un ufficiale e della duchessa di Orleans, aveva un fratello maggiore, Pierre des Breosses de La Guérinière, che fu direttore dell'Accademia di Equitazione di Caen.

Trascorse la sua giovinezza in Normandia e nel 1715, dopo aver conseguito il diploma di "scudiere del Re", si trasferì a Parigi ove per quindici anni fu direttore di una prestigiosa accademia di equitazione ed è qui che si guadagnò la reputazione di essere un cavaliere ed un insegnante senza pari.
Qui addestra cavalli, istruisce allievi e scrive la sua famosa opera Ecole de Cavalerie (Scuola di Cavalleria) pubblicata per la prima volta nel 1729.
Nel 1730, il Principe Charles de Lorraine, "Gran Scudiere" di Francia, gli affidò la direzione del Real maneggio delle Tuilieres, incarico che tenne fino alla sua morte avvenuta il a Parigi nel 1751.
Finissimo conoscitore di cavalli e uomo di cultura fu l'illumunista dell'equitazione, capace di liberarsi dei vecchi schemi e di inventare cose mai viste, rimise in ordine, completò e codificò i principi dell'equitazione già scritti in passato, ripulendoli e semplificandoli.
I migliori cavalieri d'Europa andavano da lui per perfezionarsi.Così la sua dottrina fu adottata e propagandata in tutto il mondo. Ancora oggi, l'attuale Tempio dell'Alta Scuola, la Scuola di Equitazione Spagnola di Vienna, è erede della tradizione classica incarnata in de La Guérinière.

De La Guérinière rimane nella storia dell'equitazione principalmente per:
  • aver modificato la sella sino ad allora in uso eliminando l'arcione rilevato e la paletta alta che tenevano incassato il cavaliere, insegnando a quest'ultimo a ricercare il proprio equilibrio nell'assetto, con una posizione più naturale ed elegante. In questo modo il cavaliere acquisiva la grazia per poter sentire e assecondare i movimenti del cavallo in perfetta libertà ed equilibrio pur mantenendo la capacità di adattare le sue richieste alla condizione e alle forze del cavallo che montava.
  • aver inventato un particolare "movimento" utilissimo per ginnasticare e rendere agili e flessibili i cavalli: "la spalla in dentro".


Ha detto:
"La spalla in dentro è la prima e ultima lezione di tutte quelle che si possono dare ad un cavallo perchè ne scioglie le spalle, poco a poco il cavallo si metterà sulle anche, si disporrà a rispondere ai talloni e questo gli darà un buon appoggio sulla mano"

Le fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_Robichon_de_La_Gu%C3%A9rini%C3%A8re
http://megascambio.megamente.com/CavalloMagazine/Cartellla_loghi/INVIO%20CYDONIA/NAZIONALE/INVIATE/CX131039.pdf 
http://www.aaee.it/node/83 
http://www.artisticdressage.com/dlg-quotes.html

 

mercoledì 5 novembre 2014

L'indole del cavallo

Capitolo secondo del libro"Scuola di Cavalleria" di De La Guérinière

Tratta delle varie nature dei cavalli, della causa delle loro indocilità e dei vizi che da queste ne derivano

De La Guérinière dice che con un cavallo ben strutturato, forte e coraggioso, docile e di buona volontà è semplice utilizzare con successo i veri principi della buona scuola, ma se si ha a che fare con un cavallo di natura ribelle e non si cerca di capire da dove nasce questo difetto, si rischia di impiegare mezzi ,che invece di migliorarlo, ne creino nuovi vizi.

I difetti, o resistenze le chiamo io, possono essere di natura esterna , quindi difetti fisici, o di natura interna, quindi caratteriali , o resitenze 'mentali' le chiama il mio maestro.
Qui si trattano le cause interne quindi derivanti dal carattere del cavallo che l'autore distingue in:
timido, vigliacco, svogliato, impaziente, collerico, malizioso e di cattiva abitudine. Ecco cosa scrive:

Cavalli timidi diconsi quelli che sono in un continuo timore degli aiuti e dei castighi, e che s’adombrano al menomo movimento del cavaliere. Questa naturale timidezza non produce Che una obbedienza incerta, interrotta, languida e tarda; e se troppo forte si battono queste sorte di cavalli divengono affatto ombrosi.

La vigliaccheria è un vizio che rende i cavalli poltroni e senza cuore. Queste sorte di bestie chiamansi comunemente rozze. Questa vigliaccheria avvilisce totalmente un cavallo, e lo rende incapace di veruna obbedienza ardita e forte.

La svogliatezza è il difetto di quelli che sono' melanconici, addormentati, e per così dire ebeti; fra questi non pertanto avvene alcuni, la cui forza è assopita dall’intirizzimento dei loro membri, e risvegliandoli con castighi acconci, possono divenire bravi cavalli.

L’impazienza è l’effetto della troppa sensibilità naturale che rende un cavallo pieno di ardore, risoluto, focoso, inquieto; Egli è difficile l’accostumare siffatti cavalli ad un passo regolato e pacifico, a motivo della loro troppo grande inquietezza, la quale tiene essi in una continua agitazione, ed il cavaliere in una positura incomoda. 

Cavalli collerici diconsi quelli che offendonsi pei minimi castighi, e che sono vendicativi. Questi cavalli devono trattarsi con maggiore riguardo degli altri; ma quando con questo difetto essi sono fieri e arditi, e che si sa cattivarseli, si trae da, loro miglior partito che da quelli che sono maliziosi e poltroni.

La malizia forma un altro vizio naturale. I cavalli con questo difetto, ritengono la loro forza per sola cattiva volontà, e non marciano che di mala voglia. Ve ne sono alcuni che fanno sembiante di obbedire, come vinti ed arresi ma fanno ciò solo per ischivare‘ i castighi della scuola, ed appena hanno ripreso un poco di forza e di lena, si ostinano più che mai..
Le cattive abitudini che si contraggono da certi cavalli, non derivano sempre da vizii loro interni, ma soventi dal difetto di coloro che da principio li hanno mal montati; e quando queste cattive abitudini sonosi radicate, esse addivengono più difficili a correggersi di ima cattiva disposizione, che fosse effetto della natura.

Da questi caratteri possono derivare altri difetti e in base a questi De La Guérinière distinque i cavalli in:
ombrosi, viziosi, restii, caparbi, ostinati.
 
Il cavallo ombroso è quello che si spaventa per qualsivoglia oggetto, e che non vuole punto accostarlo. Questa tema, che deriva spesso da timidezza naturale, può essere anche cagionata da qualche difetto alla vista che gli fa vedere le cose altrimenti da quello che sono; non di rado ciò pure accade per essere stato troppo battuto, lo che fa si che il timore dei colpi, unito a quello dell’oggetto che gli fa ombra, gli toglie il vigore ed il coraggio. Avvi degli altri cavalli, i quali dopo essere stati lungo tempo in istalla, la prima volta che ne escono tutto loro fa paura e gli allarma; ma questa mania, quando non venga da altra causa, dura poco se non si battono, e se loro? si fa conoscere con pazienza ciò che li spaventa. 

Il cavallo vizioso si è quello che a forza di colpi è divenuto maligno a segno di mordere, tirar calci, o odiare l'uomo; contraggono questi difetti i cavalli collerici e vendicativi, che sono stati battuti male a proposito; perché l’ignoranza ed il cattivo timore di certi cavalieri ha fatti più cavalli cattivi che la natura.

Il cavallo restio è quello che frena le sue forze per pura malizia, e che non vuole obbedire a verun aiuto, sia per avanzare, sia per dare-addietro, o per piegare. Gli uni sono divenuti restii per essere stati troppo battuti e violentati, e gli altri per essere stati troppo rispettati da un cavaliere che gli avrà temuti. I cavalli che temono il solletico, che frenano la loro forza, vanno soggetti a quest’ultimo difetto.

Il cavallo caparbio è quello che si difende contro gli speroni, che vi resiste, che vi si attacca, che spranga in una piazza, che da addietro e s’impenna in vece di obbedire agli aiuti, ‘ e di andare innanzi..Quando un cavallo resiste per poltroneria, egli è questo indizio di carogna, e benché faccia de’ salti grandi e furiosi, è questo malizia piuttosto che forza.

Il cavallo ostinato è quello che ricusa di voltare piuttosto per ignoranza e mancanza di pieghevolezza che per malizia. Vi ha dei cavalli che divengono ostinati ad una mano, sebben da principio sieno sembrati docili ed obbedienti, lo che sarà perché si avrà voluto assoggettarli troppo presto, e passar ratto ratto da una lezione all’altra. Un accidente che viene alla vista, ovvero a qualche altra parte del corpo, può del pari rendere un cavallo ostinato ad una parte ed anche restio. Il difetto di essere ostinato è diverso da quello di essere restio per malizia; questo non vuole voltare, quantunque lo sappia fare, e l’ostinato non volta, perché non lo può, sia per durezza o per ignoranza.

Molto spesso questi vizi e difetti non nascono con il cavallo ma sono causati dalla mano dell'uomo, per aver addestrato il cavallo troppo giovane, o troppo in fretta, oppure per avere usato male e a sproposito gli aiuti e le punizioni. 
Conclude i capitolo con questa considerazione che deve far riflettere:

In passato eranvi delle persone destinate ad esercitare i puledri all'escire dalle razze, allorché erano ancor selvaggi. Chiamavansi queste cavalcatori di bardella*: sceglievansi fra quelli che avevano più di pazienza, d’industria di arditezza e di diligenza, la perfezione di queste qualità non essendo tanto necessaria pei cavalli che sono già stati montati; accostumavano questi i puledri a soffrire di essere avvicinati in istalla ed a lasciarsi alzare i quattro piedi, toccare colla mano, soffrire la briglia, la sella, la groppiera, le cinghie, ecc. Eglino gli acquietavano, e li rendevano facili a montarsi. Giammai impiegavano il rigore nè la forza, se prima provato non avessero le maniere più dolci, del cui buon effetto potessero lusingarsi, e con questa ingegnosa pazienza eglino rendevano un puledro famigliare ed amico dell’uomo, gli conservavano il vigore ed il coraggio, e lo rendevano docile ed obbediente alle prime regole. Se ora si imitasse la condotta di questi antichi amatori,si vedrebbero, meno cavalli storpiati, ruinati, ritrosi, ostinati e viziosi.


*Bardella : Cuscino imbottito e ricoperto di forte tela liscia che ricopriva il dorso dei cavalli.  Fermato sul cavallo mediante una larga sopraccinghia  faceva funzione di sella.
http://books.google.it/books?id=5tQd0tNWzjMC&pg=PA757&lpg=PA757&dq=cavalcatori+di+bardella&source=bl&ots=km_HBWXfu4&sig=VilhpZuALk83x3by-FpsWl34Sjo&hl=it&sa=X&ei=rXZbVJyaG4XraPzPgeAC&ved=0CEkQ6AEwBw#v=onepage&q=cavalcatori%20di%20bardella&f=false



domenica 2 novembre 2014

Kikkuli il Mitanno

Vissuto nel 1350a.C, quindi oltre 3000 anni fa, nel regno dei Mitanni, nell'altipiano iraniano a nord della Mesopotania, era un "Maestro di cavalli" al servizio del re ittita Suppiluliuma e risulta essere l'autore del più antico trattato di addestramento equestre.

Kikkuli preparava cavalli da guerra e il suo obiettivo era quello di ottenere il maggior numero di cavalli pronti al combattimento nel minor tempo possibile. Il suo metodo di addestramento si basa su teorie ancora oggi attuali e praticate quotidianamente nei sistemi di doma naturale. 

Secondo Kikkuli per avere cavalli equilibrati e affidabili occorre evitare agli animali qualsiasi stress fisico e psicologico. Il cavallo deve comprendere, lavorare fornendo le prestazioni richieste e sviluppare fiducia nei confronti dell'uomo. "Un passo alla volta" sembra essere il fondamento della sua filosofia: occorre perfezionare un singolo elemento prima di passare al successivo.

Questo trattato si compone nelle quattro tavolette d'argilla ritrovate nel 1917, nella capitale ittita di Hattusha (nell'odierna Turchia), scritte in caratteri cuneiformi ; l'opera è nota con il nome Kikkuli-texte.


Queste tavolette sono state tradotte dall'australiana Ann Nyland, studiosa di lingue antiche e appassionata di equitazione, nel suo libro The Kikkuli Method of Horse Training.


Le fonti:
http://www.equitando.com/?location=Il%20Cavallo%20nei%20libri&item=1898
http://it.wikipedia.org/wiki/Kikkuli
http://worksofchivalry.com/it/kikkuli/