"Noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose e più lontano di quanto vedessero questi ultimi; non perché la nostra vista sia più acuta, o la nostra altezza ci avvantaggi, ma perché siamo sostenuti e innalzati dalla statura dei giganti ai quali ci appoggiamo"

Bernardo di Chartres,1120

mercoledì 5 novembre 2014

L'indole del cavallo

Capitolo secondo del libro"Scuola di Cavalleria" di De La Guérinière

Tratta delle varie nature dei cavalli, della causa delle loro indocilità e dei vizi che da queste ne derivano

De La Guérinière dice che con un cavallo ben strutturato, forte e coraggioso, docile e di buona volontà è semplice utilizzare con successo i veri principi della buona scuola, ma se si ha a che fare con un cavallo di natura ribelle e non si cerca di capire da dove nasce questo difetto, si rischia di impiegare mezzi ,che invece di migliorarlo, ne creino nuovi vizi.

I difetti, o resistenze le chiamo io, possono essere di natura esterna , quindi difetti fisici, o di natura interna, quindi caratteriali , o resitenze 'mentali' le chiama il mio maestro.
Qui si trattano le cause interne quindi derivanti dal carattere del cavallo che l'autore distingue in:
timido, vigliacco, svogliato, impaziente, collerico, malizioso e di cattiva abitudine. Ecco cosa scrive:

Cavalli timidi diconsi quelli che sono in un continuo timore degli aiuti e dei castighi, e che s’adombrano al menomo movimento del cavaliere. Questa naturale timidezza non produce Che una obbedienza incerta, interrotta, languida e tarda; e se troppo forte si battono queste sorte di cavalli divengono affatto ombrosi.

La vigliaccheria è un vizio che rende i cavalli poltroni e senza cuore. Queste sorte di bestie chiamansi comunemente rozze. Questa vigliaccheria avvilisce totalmente un cavallo, e lo rende incapace di veruna obbedienza ardita e forte.

La svogliatezza è il difetto di quelli che sono' melanconici, addormentati, e per così dire ebeti; fra questi non pertanto avvene alcuni, la cui forza è assopita dall’intirizzimento dei loro membri, e risvegliandoli con castighi acconci, possono divenire bravi cavalli.

L’impazienza è l’effetto della troppa sensibilità naturale che rende un cavallo pieno di ardore, risoluto, focoso, inquieto; Egli è difficile l’accostumare siffatti cavalli ad un passo regolato e pacifico, a motivo della loro troppo grande inquietezza, la quale tiene essi in una continua agitazione, ed il cavaliere in una positura incomoda. 

Cavalli collerici diconsi quelli che offendonsi pei minimi castighi, e che sono vendicativi. Questi cavalli devono trattarsi con maggiore riguardo degli altri; ma quando con questo difetto essi sono fieri e arditi, e che si sa cattivarseli, si trae da, loro miglior partito che da quelli che sono maliziosi e poltroni.

La malizia forma un altro vizio naturale. I cavalli con questo difetto, ritengono la loro forza per sola cattiva volontà, e non marciano che di mala voglia. Ve ne sono alcuni che fanno sembiante di obbedire, come vinti ed arresi ma fanno ciò solo per ischivare‘ i castighi della scuola, ed appena hanno ripreso un poco di forza e di lena, si ostinano più che mai..
Le cattive abitudini che si contraggono da certi cavalli, non derivano sempre da vizii loro interni, ma soventi dal difetto di coloro che da principio li hanno mal montati; e quando queste cattive abitudini sonosi radicate, esse addivengono più difficili a correggersi di ima cattiva disposizione, che fosse effetto della natura.

Da questi caratteri possono derivare altri difetti e in base a questi De La Guérinière distinque i cavalli in:
ombrosi, viziosi, restii, caparbi, ostinati.
 
Il cavallo ombroso è quello che si spaventa per qualsivoglia oggetto, e che non vuole punto accostarlo. Questa tema, che deriva spesso da timidezza naturale, può essere anche cagionata da qualche difetto alla vista che gli fa vedere le cose altrimenti da quello che sono; non di rado ciò pure accade per essere stato troppo battuto, lo che fa si che il timore dei colpi, unito a quello dell’oggetto che gli fa ombra, gli toglie il vigore ed il coraggio. Avvi degli altri cavalli, i quali dopo essere stati lungo tempo in istalla, la prima volta che ne escono tutto loro fa paura e gli allarma; ma questa mania, quando non venga da altra causa, dura poco se non si battono, e se loro? si fa conoscere con pazienza ciò che li spaventa. 

Il cavallo vizioso si è quello che a forza di colpi è divenuto maligno a segno di mordere, tirar calci, o odiare l'uomo; contraggono questi difetti i cavalli collerici e vendicativi, che sono stati battuti male a proposito; perché l’ignoranza ed il cattivo timore di certi cavalieri ha fatti più cavalli cattivi che la natura.

Il cavallo restio è quello che frena le sue forze per pura malizia, e che non vuole obbedire a verun aiuto, sia per avanzare, sia per dare-addietro, o per piegare. Gli uni sono divenuti restii per essere stati troppo battuti e violentati, e gli altri per essere stati troppo rispettati da un cavaliere che gli avrà temuti. I cavalli che temono il solletico, che frenano la loro forza, vanno soggetti a quest’ultimo difetto.

Il cavallo caparbio è quello che si difende contro gli speroni, che vi resiste, che vi si attacca, che spranga in una piazza, che da addietro e s’impenna in vece di obbedire agli aiuti, ‘ e di andare innanzi..Quando un cavallo resiste per poltroneria, egli è questo indizio di carogna, e benché faccia de’ salti grandi e furiosi, è questo malizia piuttosto che forza.

Il cavallo ostinato è quello che ricusa di voltare piuttosto per ignoranza e mancanza di pieghevolezza che per malizia. Vi ha dei cavalli che divengono ostinati ad una mano, sebben da principio sieno sembrati docili ed obbedienti, lo che sarà perché si avrà voluto assoggettarli troppo presto, e passar ratto ratto da una lezione all’altra. Un accidente che viene alla vista, ovvero a qualche altra parte del corpo, può del pari rendere un cavallo ostinato ad una parte ed anche restio. Il difetto di essere ostinato è diverso da quello di essere restio per malizia; questo non vuole voltare, quantunque lo sappia fare, e l’ostinato non volta, perché non lo può, sia per durezza o per ignoranza.

Molto spesso questi vizi e difetti non nascono con il cavallo ma sono causati dalla mano dell'uomo, per aver addestrato il cavallo troppo giovane, o troppo in fretta, oppure per avere usato male e a sproposito gli aiuti e le punizioni. 
Conclude i capitolo con questa considerazione che deve far riflettere:

In passato eranvi delle persone destinate ad esercitare i puledri all'escire dalle razze, allorché erano ancor selvaggi. Chiamavansi queste cavalcatori di bardella*: sceglievansi fra quelli che avevano più di pazienza, d’industria di arditezza e di diligenza, la perfezione di queste qualità non essendo tanto necessaria pei cavalli che sono già stati montati; accostumavano questi i puledri a soffrire di essere avvicinati in istalla ed a lasciarsi alzare i quattro piedi, toccare colla mano, soffrire la briglia, la sella, la groppiera, le cinghie, ecc. Eglino gli acquietavano, e li rendevano facili a montarsi. Giammai impiegavano il rigore nè la forza, se prima provato non avessero le maniere più dolci, del cui buon effetto potessero lusingarsi, e con questa ingegnosa pazienza eglino rendevano un puledro famigliare ed amico dell’uomo, gli conservavano il vigore ed il coraggio, e lo rendevano docile ed obbediente alle prime regole. Se ora si imitasse la condotta di questi antichi amatori,si vedrebbero, meno cavalli storpiati, ruinati, ritrosi, ostinati e viziosi.


*Bardella : Cuscino imbottito e ricoperto di forte tela liscia che ricopriva il dorso dei cavalli.  Fermato sul cavallo mediante una larga sopraccinghia  faceva funzione di sella.
http://books.google.it/books?id=5tQd0tNWzjMC&pg=PA757&lpg=PA757&dq=cavalcatori+di+bardella&source=bl&ots=km_HBWXfu4&sig=VilhpZuALk83x3by-FpsWl34Sjo&hl=it&sa=X&ei=rXZbVJyaG4XraPzPgeAC&ved=0CEkQ6AEwBw#v=onepage&q=cavalcatori%20di%20bardella&f=false



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