"Noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose e più lontano di quanto vedessero questi ultimi; non perché la nostra vista sia più acuta, o la nostra altezza ci avvantaggi, ma perché siamo sostenuti e innalzati dalla statura dei giganti ai quali ci appoggiamo"

Bernardo di Chartres,1120

venerdì 28 novembre 2014

Soddisfazioni!

"Un salto è un caso, una seduta positiva è frutto di lavoro!"

Piccole grandi gioie della vita...

giovedì 27 novembre 2014

Cavaliere


Vi fu un evo barbaro nel corso del quale il male prese il sopravvento, scomparvero dal mondo la lealtà, la solidarietà, la verità, la giustizia per cui dilagarono slealtà, inimicizia, ingiuria e falsità. L'orrore dilagò sul popolo di Dio, prevaricazioni e disordine portarono guerre pestilenze morte.
Fu necessario allora restaurare la giustizia perduta  e perché ciò potesse avvenire  tutto il popolo fu diviso per migliaia e da ogni mille fu scelto un solo uomo che si distinguesse dagli altri per gentilezza d‘animo, lealtà, saggezza e forza .
A quest'uomo così straordinario, in grado di prevalere su tutti per nobiltà, coraggio, tenacia e devozione ai suoi principi, fu dato per compagno quello che tra tutti gli animali è il più bello, il più veloce, il più pronto ad affrontare qualsiasi sacrifìcio, il più adatto a servire l'uomo, cioè il cavallo.

E per questo fu detto cavaliere .

“Libro sull ’Ordine della Cavalleria " del Doctor Illuminatus Ramon
Llull.

martedì 25 novembre 2014

Cesare Fiaschi

Cesare Fiaschi fu un gentiluomo ferrarese, nato nel 1523 da una famiglia di estensi, coetaneo di Grisone, forse maestro del famoso Giovanni Battista Pignatelli (da wikipedia) e fondatore dell’ “Accademia di Ferrara”. 
Nel 1556 scrive il libro Trattato dell’imbrigliare, atteggiare e ferrare cavallidi grande importanza nella bibliografia equestre.
Diviso in tre parti, in ciascuna delle quali tratta un argomento specifico,.
La prima parte riguarda la scelta dell'imboccatura, che non deve essere fatta in base alle mode del momento o alla ricerca del morso”miracoloso” che permetta al cavaliere di colmare le proprie lacune, ma deve essere una scelta fatta in base alle caratteristiche del cavallo e alla sua morfologia.
Nella seconda parte tratta il maneggio dei cavalli, ovvero l'addestramento.
Qui troviamo la parte più interessante poiché Fiaschi riporta la sua brillante intuizione di collegare i movimenti del cavallo, le andature, le figure, la frequenza dei salti alla musica al fine di agevolarne il ritmo, il tempo. Fiaschi è considerato l'iniziatore dei caroselli equestri accompagnati da musica, ma non è cosa certa. Certamente però fu il primo a servirsi della musica per il lavoro in cavallerizza.
La terza parte riguarda invece la ferratura, descrive i vari ferri adatti ad usi particolari e ai diversi tipi di unghia: perché “essendo i piedi quelli che portano il corpo e la fatica” è estremamente necessario che il cavaliere si istruisca in questa materia e non lasci tutto quel che la riguarda nelle mani dei maniscalchi, spesso poco preparati”. Un trattato unico, completo ed esauriente.
La bellezza di questo libro sta anche sulle molte tavole raffiguranti le varie imboccature, le figure di maneggio accompagnate da spartiti musicali, i tipi di ferri e una interessantissima tavola riportante “le infermità che possono molestare i cavalli”.



Sulla vita di questo cavaliere raffinato calò presto il silenzio; nell’agosto del 1568 fu condannato dal Tribunale della Santa Inquisizione a dieci anni di galera per aver seguito la setta del monaco eretico Giorgio Rioli detto il Siculo, ma venne graziato perché protetto dalla famiglia d’Este. Forse per questa disavventura, o forse perché subito dopo di lui brillò la stella del suo discepolo Giovan Battista Pignatelli il Fiaschi venne presto dimenticato. Fu un grande maestro e gentiluomo troppo educato per sgomitare in cerca di visibilità. La sua fama risulta un po' oscurata dalla figura del contemporaneo Grisone e dai nuovi maestri stranieri. Muore nel 1592.

lunedì 17 novembre 2014

Introspezione - Evoluzione

scopo = risultato a cui mira un'azione
obiettivo = meta che ci si propone di raggiungere

Quando lo scopo si trasforma in obiettivo cambia la prospettiva e tutto assume un significato diverso...
Sfumature che fanno la differenza!

giovedì 13 novembre 2014

Senofonte

Senofonte (430-354 a.C circa)  figlio di Grillo  è stato uno storico e mercenario ateniese.
La sua era una famiglia aristocratica e appartenente forse all'ordine dei cavalieri. Faceva parte infatti della cavalleria ateniese e probabilmene per questo aveva una grande dimestichezza con l'arte equestre.

Fu scrittore piacevolissimo, di grande nitidezza e purità di linguaggio. Tra le sue numerose opere di vario genere qui ricordiamo "Sull'equitazione" uno dei primi trattati sull'addestramento, la gestione e la selezione del cavallo  nel mondo occidentale, sia per uso militare che per lavoro.

Questo trattato è ricco di consigli e suggerimenti preziosi ancora attuali;  molte delle famose scuole e accademie di equitazione si sono ispirate ai suoi testi a cominciare da  quella del Grisone a Napoli. E' anche considerato uno dei primi lavori che descrivono i principi del dressage classico, principi che raccomandano l'uso di tecniche di addestramento senza dolore. Consiglia di usare molta sensibilità, umanità, pazienza, dolcezza e il buon senso con il cavallo  quindi raccomanda un grande rispetto verso quest'ultimo.

Una delle qualità più importanti del cavallo, secondo Senofonte, è di avere una schiena muscolosa.



Ha detto: «Il cavallo farà tutto ciò che vorremo ma si aspetta una ricompensa.»


martedì 11 novembre 2014

Federico Grisone

Federico Grisone ( 1492-1561) era un nobile, uno scrittore e maestro di equitazione. Visse a Napoli, fu uno dei primi istruttori di dressage e di equitazione di corte e pubblicò uno dei primi trattati equestri dell'Europa moderna.

Studiò attentamente i trattati di Senofonte ed aprì nel 1532 una scuola dove insegnava ai figli dell’aristocrazia napoletana l’arte dell’equitazione. I suoi insegnamenti ebbero un grande successo tanto che molti aristocratici d'Europa venivano in Italia per imparare alla sua scuola.

Scrisse il suo metodo in un trattatoGli ordini del cavalcareche, tra il 1550 e il 1623, venne stampato in ventuno edizioni italiane, quindici tradotte in francese, sette in tedesco, sei in inglese e una in spagnolo. In questa opera riporta le parole scritte da Senofonte, ma mentre quest'ultimo raccomandava il rispetto e la leggerezza, Grisone ricorreva a metodi piuttosto brutali, ed aveva inventato tutta una serie di imboccature e strumenti di tortura.
Questo è parzialmente giustificato dal fatto che i cavalli di cui disponeva il Grisone erano i diretti discendenti dei pesanti cavalli nel Medioevo , massicci e con scarso impulso. Nonostante i suoi metodi coercitivi , il Grisone diede prova nei suoi scritti, di comprendere pienamente le azioni, e le opposizioni, le difese e gli aiuti per mettere il cavallo in una giusta azione, con una profonda comprensione anche del suo carattere.

La sua opera darà inizio all'Alta Scuola di equitazione. Nel 1561 questo libro venne portato in Francia da Antoine de Pluvinel, maestro di equitazione di Luigi XIII, il quale riadattò il metodo e nel 1629 scrisse a sua volta L'Instruction du Roy en l'Exercice de Monter a Cheval


Le fonti:

giovedì 6 novembre 2014

François Robichon de La Guérinière

François Robichon de La Guérinière nacque nel 1688 a Essay  in Francia: Figlio di Pierre Robichon, signor de La Guérinière, che era un ufficiale e della duchessa di Orleans, aveva un fratello maggiore, Pierre des Breosses de La Guérinière, che fu direttore dell'Accademia di Equitazione di Caen.

Trascorse la sua giovinezza in Normandia e nel 1715, dopo aver conseguito il diploma di "scudiere del Re", si trasferì a Parigi ove per quindici anni fu direttore di una prestigiosa accademia di equitazione ed è qui che si guadagnò la reputazione di essere un cavaliere ed un insegnante senza pari.
Qui addestra cavalli, istruisce allievi e scrive la sua famosa opera Ecole de Cavalerie (Scuola di Cavalleria) pubblicata per la prima volta nel 1729.
Nel 1730, il Principe Charles de Lorraine, "Gran Scudiere" di Francia, gli affidò la direzione del Real maneggio delle Tuilieres, incarico che tenne fino alla sua morte avvenuta il a Parigi nel 1751.
Finissimo conoscitore di cavalli e uomo di cultura fu l'illumunista dell'equitazione, capace di liberarsi dei vecchi schemi e di inventare cose mai viste, rimise in ordine, completò e codificò i principi dell'equitazione già scritti in passato, ripulendoli e semplificandoli.
I migliori cavalieri d'Europa andavano da lui per perfezionarsi.Così la sua dottrina fu adottata e propagandata in tutto il mondo. Ancora oggi, l'attuale Tempio dell'Alta Scuola, la Scuola di Equitazione Spagnola di Vienna, è erede della tradizione classica incarnata in de La Guérinière.

De La Guérinière rimane nella storia dell'equitazione principalmente per:
  • aver modificato la sella sino ad allora in uso eliminando l'arcione rilevato e la paletta alta che tenevano incassato il cavaliere, insegnando a quest'ultimo a ricercare il proprio equilibrio nell'assetto, con una posizione più naturale ed elegante. In questo modo il cavaliere acquisiva la grazia per poter sentire e assecondare i movimenti del cavallo in perfetta libertà ed equilibrio pur mantenendo la capacità di adattare le sue richieste alla condizione e alle forze del cavallo che montava.
  • aver inventato un particolare "movimento" utilissimo per ginnasticare e rendere agili e flessibili i cavalli: "la spalla in dentro".


Ha detto:
"La spalla in dentro è la prima e ultima lezione di tutte quelle che si possono dare ad un cavallo perchè ne scioglie le spalle, poco a poco il cavallo si metterà sulle anche, si disporrà a rispondere ai talloni e questo gli darà un buon appoggio sulla mano"

Le fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_Robichon_de_La_Gu%C3%A9rini%C3%A8re
http://megascambio.megamente.com/CavalloMagazine/Cartellla_loghi/INVIO%20CYDONIA/NAZIONALE/INVIATE/CX131039.pdf 
http://www.aaee.it/node/83 
http://www.artisticdressage.com/dlg-quotes.html

 

mercoledì 5 novembre 2014

L'indole del cavallo

Capitolo secondo del libro"Scuola di Cavalleria" di De La Guérinière

Tratta delle varie nature dei cavalli, della causa delle loro indocilità e dei vizi che da queste ne derivano

De La Guérinière dice che con un cavallo ben strutturato, forte e coraggioso, docile e di buona volontà è semplice utilizzare con successo i veri principi della buona scuola, ma se si ha a che fare con un cavallo di natura ribelle e non si cerca di capire da dove nasce questo difetto, si rischia di impiegare mezzi ,che invece di migliorarlo, ne creino nuovi vizi.

I difetti, o resistenze le chiamo io, possono essere di natura esterna , quindi difetti fisici, o di natura interna, quindi caratteriali , o resitenze 'mentali' le chiama il mio maestro.
Qui si trattano le cause interne quindi derivanti dal carattere del cavallo che l'autore distingue in:
timido, vigliacco, svogliato, impaziente, collerico, malizioso e di cattiva abitudine. Ecco cosa scrive:

Cavalli timidi diconsi quelli che sono in un continuo timore degli aiuti e dei castighi, e che s’adombrano al menomo movimento del cavaliere. Questa naturale timidezza non produce Che una obbedienza incerta, interrotta, languida e tarda; e se troppo forte si battono queste sorte di cavalli divengono affatto ombrosi.

La vigliaccheria è un vizio che rende i cavalli poltroni e senza cuore. Queste sorte di bestie chiamansi comunemente rozze. Questa vigliaccheria avvilisce totalmente un cavallo, e lo rende incapace di veruna obbedienza ardita e forte.

La svogliatezza è il difetto di quelli che sono' melanconici, addormentati, e per così dire ebeti; fra questi non pertanto avvene alcuni, la cui forza è assopita dall’intirizzimento dei loro membri, e risvegliandoli con castighi acconci, possono divenire bravi cavalli.

L’impazienza è l’effetto della troppa sensibilità naturale che rende un cavallo pieno di ardore, risoluto, focoso, inquieto; Egli è difficile l’accostumare siffatti cavalli ad un passo regolato e pacifico, a motivo della loro troppo grande inquietezza, la quale tiene essi in una continua agitazione, ed il cavaliere in una positura incomoda. 

Cavalli collerici diconsi quelli che offendonsi pei minimi castighi, e che sono vendicativi. Questi cavalli devono trattarsi con maggiore riguardo degli altri; ma quando con questo difetto essi sono fieri e arditi, e che si sa cattivarseli, si trae da, loro miglior partito che da quelli che sono maliziosi e poltroni.

La malizia forma un altro vizio naturale. I cavalli con questo difetto, ritengono la loro forza per sola cattiva volontà, e non marciano che di mala voglia. Ve ne sono alcuni che fanno sembiante di obbedire, come vinti ed arresi ma fanno ciò solo per ischivare‘ i castighi della scuola, ed appena hanno ripreso un poco di forza e di lena, si ostinano più che mai..
Le cattive abitudini che si contraggono da certi cavalli, non derivano sempre da vizii loro interni, ma soventi dal difetto di coloro che da principio li hanno mal montati; e quando queste cattive abitudini sonosi radicate, esse addivengono più difficili a correggersi di ima cattiva disposizione, che fosse effetto della natura.

Da questi caratteri possono derivare altri difetti e in base a questi De La Guérinière distinque i cavalli in:
ombrosi, viziosi, restii, caparbi, ostinati.
 
Il cavallo ombroso è quello che si spaventa per qualsivoglia oggetto, e che non vuole punto accostarlo. Questa tema, che deriva spesso da timidezza naturale, può essere anche cagionata da qualche difetto alla vista che gli fa vedere le cose altrimenti da quello che sono; non di rado ciò pure accade per essere stato troppo battuto, lo che fa si che il timore dei colpi, unito a quello dell’oggetto che gli fa ombra, gli toglie il vigore ed il coraggio. Avvi degli altri cavalli, i quali dopo essere stati lungo tempo in istalla, la prima volta che ne escono tutto loro fa paura e gli allarma; ma questa mania, quando non venga da altra causa, dura poco se non si battono, e se loro? si fa conoscere con pazienza ciò che li spaventa. 

Il cavallo vizioso si è quello che a forza di colpi è divenuto maligno a segno di mordere, tirar calci, o odiare l'uomo; contraggono questi difetti i cavalli collerici e vendicativi, che sono stati battuti male a proposito; perché l’ignoranza ed il cattivo timore di certi cavalieri ha fatti più cavalli cattivi che la natura.

Il cavallo restio è quello che frena le sue forze per pura malizia, e che non vuole obbedire a verun aiuto, sia per avanzare, sia per dare-addietro, o per piegare. Gli uni sono divenuti restii per essere stati troppo battuti e violentati, e gli altri per essere stati troppo rispettati da un cavaliere che gli avrà temuti. I cavalli che temono il solletico, che frenano la loro forza, vanno soggetti a quest’ultimo difetto.

Il cavallo caparbio è quello che si difende contro gli speroni, che vi resiste, che vi si attacca, che spranga in una piazza, che da addietro e s’impenna in vece di obbedire agli aiuti, ‘ e di andare innanzi..Quando un cavallo resiste per poltroneria, egli è questo indizio di carogna, e benché faccia de’ salti grandi e furiosi, è questo malizia piuttosto che forza.

Il cavallo ostinato è quello che ricusa di voltare piuttosto per ignoranza e mancanza di pieghevolezza che per malizia. Vi ha dei cavalli che divengono ostinati ad una mano, sebben da principio sieno sembrati docili ed obbedienti, lo che sarà perché si avrà voluto assoggettarli troppo presto, e passar ratto ratto da una lezione all’altra. Un accidente che viene alla vista, ovvero a qualche altra parte del corpo, può del pari rendere un cavallo ostinato ad una parte ed anche restio. Il difetto di essere ostinato è diverso da quello di essere restio per malizia; questo non vuole voltare, quantunque lo sappia fare, e l’ostinato non volta, perché non lo può, sia per durezza o per ignoranza.

Molto spesso questi vizi e difetti non nascono con il cavallo ma sono causati dalla mano dell'uomo, per aver addestrato il cavallo troppo giovane, o troppo in fretta, oppure per avere usato male e a sproposito gli aiuti e le punizioni. 
Conclude i capitolo con questa considerazione che deve far riflettere:

In passato eranvi delle persone destinate ad esercitare i puledri all'escire dalle razze, allorché erano ancor selvaggi. Chiamavansi queste cavalcatori di bardella*: sceglievansi fra quelli che avevano più di pazienza, d’industria di arditezza e di diligenza, la perfezione di queste qualità non essendo tanto necessaria pei cavalli che sono già stati montati; accostumavano questi i puledri a soffrire di essere avvicinati in istalla ed a lasciarsi alzare i quattro piedi, toccare colla mano, soffrire la briglia, la sella, la groppiera, le cinghie, ecc. Eglino gli acquietavano, e li rendevano facili a montarsi. Giammai impiegavano il rigore nè la forza, se prima provato non avessero le maniere più dolci, del cui buon effetto potessero lusingarsi, e con questa ingegnosa pazienza eglino rendevano un puledro famigliare ed amico dell’uomo, gli conservavano il vigore ed il coraggio, e lo rendevano docile ed obbediente alle prime regole. Se ora si imitasse la condotta di questi antichi amatori,si vedrebbero, meno cavalli storpiati, ruinati, ritrosi, ostinati e viziosi.


*Bardella : Cuscino imbottito e ricoperto di forte tela liscia che ricopriva il dorso dei cavalli.  Fermato sul cavallo mediante una larga sopraccinghia  faceva funzione di sella.
http://books.google.it/books?id=5tQd0tNWzjMC&pg=PA757&lpg=PA757&dq=cavalcatori+di+bardella&source=bl&ots=km_HBWXfu4&sig=VilhpZuALk83x3by-FpsWl34Sjo&hl=it&sa=X&ei=rXZbVJyaG4XraPzPgeAC&ved=0CEkQ6AEwBw#v=onepage&q=cavalcatori%20di%20bardella&f=false



domenica 2 novembre 2014

Kikkuli il Mitanno

Vissuto nel 1350a.C, quindi oltre 3000 anni fa, nel regno dei Mitanni, nell'altipiano iraniano a nord della Mesopotania, era un "Maestro di cavalli" al servizio del re ittita Suppiluliuma e risulta essere l'autore del più antico trattato di addestramento equestre.

Kikkuli preparava cavalli da guerra e il suo obiettivo era quello di ottenere il maggior numero di cavalli pronti al combattimento nel minor tempo possibile. Il suo metodo di addestramento si basa su teorie ancora oggi attuali e praticate quotidianamente nei sistemi di doma naturale. 

Secondo Kikkuli per avere cavalli equilibrati e affidabili occorre evitare agli animali qualsiasi stress fisico e psicologico. Il cavallo deve comprendere, lavorare fornendo le prestazioni richieste e sviluppare fiducia nei confronti dell'uomo. "Un passo alla volta" sembra essere il fondamento della sua filosofia: occorre perfezionare un singolo elemento prima di passare al successivo.

Questo trattato si compone nelle quattro tavolette d'argilla ritrovate nel 1917, nella capitale ittita di Hattusha (nell'odierna Turchia), scritte in caratteri cuneiformi ; l'opera è nota con il nome Kikkuli-texte.


Queste tavolette sono state tradotte dall'australiana Ann Nyland, studiosa di lingue antiche e appassionata di equitazione, nel suo libro The Kikkuli Method of Horse Training.


Le fonti:
http://www.equitando.com/?location=Il%20Cavallo%20nei%20libri&item=1898
http://it.wikipedia.org/wiki/Kikkuli
http://worksofchivalry.com/it/kikkuli/