"Noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose e più lontano di quanto vedessero questi ultimi; non perché la nostra vista sia più acuta, o la nostra altezza ci avvantaggi, ma perché siamo sostenuti e innalzati dalla statura dei giganti ai quali ci appoggiamo"

Bernardo di Chartres,1120

lunedì 5 gennaio 2015

Federico Caprilli


Federico Caprilli nacque a Livorno l'8 aprile del 1868, in un'agiata famiglia borghese. Fin da ragazzo dimostrò di avere un carattere fiero e ardimentoso.

A soli 13 anni, nel 1881, fu ammesso al Collegio Militare di Firenze. Inizia così la sua formazione militare.

Nel 1883 fu trasferito al nuovo Collegio Militare di Roma, dove risiedeva anche la sua famiglia.

Nel 1886, a 18 anni, riuscì ad entrare nell'Accademia militare di Modena come allievo nell'arma di cavalleria anche se rischiò di essere scartato a causa del suo fisico ritenuto non idoneo al servizio. Era alto un metro e ottantatré ma aveva un busto piuttosto lungo rispetto alle gambe.

Nel 1888, a 20 anni, fu nominato Sottotenente e fu mandato a frequentare il corso di equitazione alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo. Incredibilmente, sia a Modena che a Pinerolo, uscì dai corsi con un giudizio mediocre, nonostante la sua dimostrata passione e la voglia di imparare. Forse già sentiva avversione verso un sistema di equitazione che riteneva non adatto all'addestramento militare.
Terminati i corsi raggiunse il suo Reggimento a Saluzzo e libero di montare senza istruttore si sbizzarriva in lunghe galoppate in campagna. Cominciò a partecipare a gare ippiche, che consistevano i prove di salti in elevazione ed in estensione all'interno di recinti delimitati.

Il primo successo lo ottenne nel 1890, con un cavallo irlandese di nome Sfacciato, successivamente nel 1893, a Roma, vinse una gara di elevazione saltando un metro e 40 tra lo stupore degli spettatori.

Proprio grazie ai suoi successi sportivi, nel 1891, tornò a Pinerolo per frequentare il Corso Magistrale, dove lavorò agli ordini del famoso Cavalier Paderni. Quest'ultimo era un ex ufficiale assunto come istruttore civile di equitazione, era un cavaliere di campagna, montava non solo in maneggio ma anche all'aperto, praticando il sistema dell'equitazione di scuola. Caprilli apprezzò e ammirò il suo istruttore per il suo metodo e uscì dal corso Magistrale come secondo classificato.

Nel 1892, frequentò un corso di equitazione di campagna a Tor di Quinto. Si era diffusa la necessità di uscire dai maneggi e dai vecchi schemi di addestramento, di insegnare una equitazione più semplice, più adatta a percorrere la campagna e superare gli ostacoli naturali che si incontravano. In quegli anni, Caprilli lavorò senza tregua, montando moltissimi cavalli ogni giorno.

Nel 1894 diventò istruttore a Tor di Quinto. Già molte cose erano cambiate negli insegnamenti: il filetto aveva preso il posto del morso che rendeva i cavalli meno disponibili e ribelli, era cessata la prescrizione di dare l'aiuto, arretrare molto il busto e sostenere il cavallo quando stava per spiccare il salto, ritraendo le mani indietro. Si era capito che quel sistema era un martirio per la bocca e le reni del cavallo. 
 
Il salto prima di Caprilli

Perciò si cominciò a saltare tenendo le mani ferme e basse ma il busto ancora fortemente inclinato indietro. Ancora però il cavallo non era libero nell'incollatura, nella bocca e nelle reni e, sebbene in minor misura, era ancora soggetto a dolori . A causa di queste sofferenze i cavalli rifiutavano i salti o scartavano. Caprilli, aveva capito la causa di questi rifiuti e studiava quale fosse l'assetto migliore del cavaliere e la più giusta posizione delle mani allo scopo di eliminare ogni sofferenza al cavallo. Ne derivò la convinzione che il busto del cavaliere dovesse essere leggermente inclinato in avanti per alleggerire i posteriori, per non contrastare i naturali cambi di equilibrio del cavallo e per permettere alla mano di accompagnare agevolmente l'estensione dell'incollatura. 

Salto Caprilli

Nel 1896 fu trasferito a Nola nel Reggimento dei Lancieri di Milano, dove cominciò a far applicare i suoi concetti sull'equitazione. Antecedentemente le reclute dovevano montare con sella senza staffe perdendo così facilmente l'equilibrio e causando numerose cadute, mentre con Caprilli le staffe diventarono un elemento basilare per il corretto assetto del cavaliere. Secondo il metodo Caprilliano, durante il salto, il cavaliere deve uscire dal fondo della sella prendendo un appoggio fermo sulle staffe, che vanno accorciare e calzate tenendo il tallone basso, chinare il busto in avanti seguendo con le braccia l'estensione dell'incollatura. In questo modo il cavaliere si fonde con il cavallo e gli permette libertà di movimento, libertà indispensabile al cavallo per mantenere o ritrovare il naturale equilibrio in ogni situazione.

Nel 1898 il Reggimento si trasferì a Parma e qui Caprilli organizzò il primo campo ostacoli reggimentale in Italia e intensificò i suoi esperimenti.
Intanto, insieme ad un gruppo di abili cavalieri formatisi proprio a Parma, Caprilli primeggiava nei vari concorsi ippici in Italia.
Nello stesso anno vinse una gara di elevazione superando il metro e sessanta, con Bagongo, e nel 1901 ne vinse un'altra con Vecchio, superando il metro e ottantacinque.

Nel 1901 fu promosso Capitano in Genova Cavalleria e diventa un modello per la disciplina e l'addestramento equestre. Ormai i suoi principi si stavano diffondendo e il cedere le redini era un cardine della nuova equitazione.
Nello stesso anno la Rivista di Cavalleria pubblica nei numeri 1 e 2 il primo scritto di Caprilli “Per l'equitazione di campagna” e "Due altre parole sull'equitazione di campagna". E' una specie di manifesto nel quale il geniale innovatore condensa le sue idee rivoluzionarie in tema di equitazione militare, di insegnamento, di addestramento, di impiego del cavallo verso e sul salto. Nella storia dell'equitazione non è mai stato pubblicato alcunché di così innovativo rispetto alla pratica corrente. Tutto è nuovo, mai detto prima con tanta chiarezza e con tanta determinazione.
Da questo articolo deriva la bozza del nuovo Regolamento di esercizi per la cavalleria.

Nel 1902 partecipò al concorso ippico internazionale di Torino ma non conseguì il successo che avrebbe meritato. Fu il primo classificato tra i cavalieri italiani, vinse una gara di estensione superando i sei metri e cinquanta, ma non superò nell'elevazione un metro e settanta. Poco dopo, in una gara fuori concorso, batté il record mondiale superando i due metri e otto.
Sempre nel 1902 scrive per la Rivista di Cavalleria gli articoli "Sul nuovo regolamento d'equitazione"  e "Una replica"., nei quali riconosce i giusti  cambiamenti fatti al regolamento d'equitazione, come frutto di un lavoro comune atto a rendere più pratico e produttivo l'insegnamento, ma ribadisce l'importanza di semplificare ancora l'istruzione, di abolire il superfluo anche nelle parole.
Questi articoli, assieme agli altri due dell'anno precedente, sono gli unici scritti ufficiali del Caprilli.  Altri due articoli, uno sul concorso ippico di Roma del 1902, l'altro in cui parlava degli scopi che dovrebbero avere i concorsi ippici, scritto nel 1905, non vennero mai pubblicati dalla Rivista di Cavalleria, forse perchè avrebbero provocato troppe polemiche al tempo non desiderate. Tutti questi scritti di Caprilli, editi e inediti, assieme ad una dettagliatissima biografia sono contenuti nel libro "Caprilli: Vita e Scritti" (1906) scritto dal suo amico, nonchè allievo a Pinerolo, l'ufficiale Carlo Giubbilei.
Un bel libro che merita di essere letto!
Caprilli al concorso di Torino nel 1902

Nel 1904 fu trasferito a Pinerolo, dove formò schiere di brillanti cavalieri e valenti istruttori.

Nel 1905 ebbe l'incarico di addestrare un gruppo di ufficiali, italiani e stranieri, tra cui il Capitano Giubbilei. Il sistema di equitazione che egli insegnava era ormai perfezionato, era un istruttore molto pignolo ma anche molto paziente e garbato. Insisteva nel pretendere la giusta lunghezza della staffatura, i talloni bassi, le suole rivolte i fuori, la calzatura corretta delle staffe, la gamba naturalmente cadente, il busto inclinato in avanti e l'elasticità dei polsi per assecondare tutte le andature del cavallo mantenendo un appoggio leggero.

Nel 1906 si trasferì a Tor di Quinto per continuare il corso con i suoi allievi ufficiali cominciato l'anno precedente a Pinerolo.

Nel 1907 vinse a Roma il primo premio del primo campionato del cavallo d'arme disputato in Italia. Fu questo l'ultimo trionfo del grande cavaliere.
Nell'ottobre dello stesso anno tornò a Pinerolo per iniziare un nuovo corso ma il 5 Dicembre, trottando con un morello sulla neve per le vie di Pinerolo, improvvisamente cadde arrecandosi una tremenda frattura alla nuca. Perse conoscenza e morì il mattino del giorno seguente all'età di soli trentanove anni.

Sulla causa della sua morte furono fatte molte ipotesi: si parlò di un malore, le sue condizioni di salute negli ultimi mesi non erano ottimali tanto che aveva preparato anche un testamento, si parlò di un attentato organizzato da qualche marito tradito, Caprilli era un uomo estremanente affascinante e bello, corteggiatissimo dalle donne e non era propriamente insensibile ai piaceri così generosamente offerti..., ma forse semplicemente si trattò di una caduta accidentale, il cavallo, per qualche motivo, si spaventò e con un improvviso scarto lo disarcionò. Il vero motivo della sua caduta rimarrà per sempre un affascinante mistero...
Sta di fatto che il Capitano Caprilli è morto nel modo più romantico possibile per un cavaliere, a cavallo!

Caprilli con il suo sistema ha rivoluzionato la moderna equitazione: non è il cavallo a doversi adattare al cavaliere ma viceversa il cavaliere che si adatta al cavallo, non modificandone l'atteggiamento naturale né con pieghi, né con andature artificiali, ma piuttosto seguendolo nei movimenti senza infastidirlo, mantenendo un assetto fermo. 
Il grande rispetto per il cavallo è alla base di quello che fu chiamato ‘Sistema naturale di equitazione


Ha detto: "Per equitazione naturale s'intende quella equitazione che lascia al cavallo prendere il suo equilibrio naturale col nuovo peso del cavaliere e del pacchettaggio, rimanendo in una posizione naturale di collo e di testa. Base di questa equitazione è l'ottenere dal cavallo ch'esso faccia quanto gli si richiede, lasciandolo libero di usare i mezzi che reputerà necessari a compiere quello che da lui si esige, e che il cavaliere impieghi in maniera migliore perché i mezzi della cavalcatura non siano mai ostacolati"

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